Eppure non dovrebbe essere così. L’informatica, dicono i dati, pare non interessare le ragazze, starebbero un passo indietro rispetto ai loro coetanei: osservano ma senza diventare protagoniste e questo costituisce una perdita, anche perché sono più brave, per esempio, nel problem solving.
«La rivoluzione si sta svolgendo senza il contributo rilevante delle donne: sempre in minor numero nel mondo occidentale scelgono professione scientifiche»: a dirlo è la direttrice del dipartimento di ingegneria informatica, automatica e gestionale all’università La Sapienza di Roma.
I dati delle iscrizioni all’università
Ma parlano pure i dati delle iscrizioni all’università, in base ai quali le donne sono solo il 23% degli iscritti nei corsi di laurea in Ingegneria, il 33% in quelli di area scientifica. Alla Sapienza le studentesse di Ingegneria informatica sono appena il 13,8%. Negli Stati Uniti la quota femminile nelle discipline Stem è scesa di 10 punti negli ultimi dieci anni.
I motivi di così poco interesse sarebbero legati a tanti fattori, primo fra tutti il fatto che a queste professioni si associa un modello “asociale” che non ha vita sentimentale e se ne sta chiuso in una stanza davanti al pc.
Le incrostazioni culturali
Ma ci sarebbe pure una sorta di incrostazione culturale secondo la quale le ragazze sono più portate per la lettura che per la matematica, una idiozia che la scuola non fa molto per sconfiggere.
E questa idea balzana fra l’altro rischia di lasciare solo ai maschi di progettare il futuro, escludendo le donne dalla creatività che l’informatica consente, anche se le donne sono bravissime nel problem solving e la tecnologia informatica è uno strumento per trovare soluzioni, in modo creativo.
Assenza delle donne dannosa
Una assenza che, sempre secondo direttrice del dipartimento di ingegneria informatica dell’università di Roma, rischia di diventare esiziale anche per l’economia, visto che il gender gap economico non farà che aumentare: «La mancanza di diversità, di genere e di etnia, sta creando già problemi negli algoritmi di machine learning, che ripropongono un mondo quasi esclusivamente a misura di maschio bianco».
Gli uomini avvantaggiati
Qualche esempio: gli algoritmi per la ricerca del personale avvantaggiano gli uomini così come le carte di credito, anche le traduzioni sono condizionate dal genere. «Gli algoritmi non sono cattivi, riproducono le regole che hanno imparato dai dati offerti in ingresso. I pregiudizi sono nella società, gli algoritmi non fanno che amplificarle».
Infatti presso i colossi informatici come Facebook e Google le donne negli staff di ricerca raggiungono rispettivamente il 15% e il 10% E nel mondo accademico più dell’80% dei professori in AI sono uomini.
Il valore della diversità senza abdicare al femminile
«Il mondo perde il valore della diversità nel momento più importante della rivoluzione. Questa è un’emergenza e ci vuole un’azione forte a livello di governo, una campagna per contrastare gli stereotipi sin dalle elementari»: così la prof, che aggiunge ancora: «Le ragazze devono capire che non c’è bisogno di essere nerd e non devono abdicare al femminile per intraprendere questi studi. Devono cominciare ad associare il lavoro di progettazione alla creatività, comprendere che in questo ambito ci sono possibilità stimolanti. Rinunciare a questo mondo spazioso sarebbe un gran un peccato».