C’è un’età in cui cominciare a imparare l’inglese dà frutti migliori e duraturi? Un’età dell’oro in cui il cervello umano è più propenso a interiorizzare una lingua straniera ed estranea a quella materna?
Anni fa, in Italia, l’inizio canonico era in prima media, a 11 anni, poi si cominciò a parlare di inglese alle scuole elementari, ma il suo insegnamento era affidato alla buona volontà e alle competenze – talora presunte – di maestre e maestri. Infine, in anni più recenti, l’inglese fu affidato a insegnanti che possedessero certi requisiti ben precisi attestanti la loro preparazione specifica. Ma sono sempre di più le scuole dell’infanzia – soprattutto private o paritarie – che offrono alla loro utenza un insegnamento addirittura bilingue con docenti madrelingua inglesi. L’inglese a partire dai tre anni di età, dunque.
Sarà davvero un bene? È veramente così importante che i bambini comincino a studiare l’inglese in tenerissima età, quando ancora non hanno chiari gli schemi morfosintattici della loro lingua madre?
Se lo chiedono in questi giorni in Germania, dove gli ultimi risultati delle rilevazioni PISA hanno delineato un quadro carente del livello generale in lingua inglese degli adolescenti tedeschi.
Come riportato dal quotidiano bavarese Süddeutsche Zeitung, la domanda di fondo che si pongono pedagogisti ed esperti del settore è la seguente: occorre privilegiare la padronanza della propria lingua madre e poi apprendere l’inglese, oppure dedicarsi fin da piccolissimi all’apprendimento della lingua straniera?
Delle risposte scientifiche esistono, sostiene il quotidiano tedesco, ma non portano tutte allo stesso risultato: prima di avviare lo studio di una seconda lingua occorre imparare bene la propria, sostiene la linguista Simone Pfenninger, docente associata di Psicolinguistica all’Università di Zurigo. Un suo studio, condotto su ottocento studenti liceali fra i 13 e i 18 anni, avrebbe dimostrato che coloro che avevano iniziato a studiare l’inglese più tardi mostravano gli stessi livelli di competenza rispetto ai ragazzi che avevano cominciato da piccoli. Esclusi, naturalmente, i ragazzini bilingue che crescono naturalmente in un ambiente familiare in cui i genitori parlano due lingue diverse.
Non dello stesso segno, continua il Süddeutsche Zeitung, i risultati prodotti da un’altra linguista, Raphaela Porsch dell’Università di Magdeburgo, che dopo avere osservato e interrogato oltre 30.000 alunni, ha notato che chi aveva iniziato a studiare l’inglese alla scuola primaria aveva livelli nettamente superiori rispetto agli altri che avevano iniziato a studiarlo alla secondaria di primo grado.
La domanda di partenza resta dunque senza risposta? Non esattamente. Il quotidiano tedesco, citando altre fonti e ricerche di settore, conclude che ciò che conta è la metodologia, che dovrebbe sempre più tendere a creare un setting di insegnamento/apprendimento il più possibile bilingue. Con un metodo efficace, qualunque età è buona per imparare bene una lingua straniera.
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