La didattica a distanza? Per troppo tempo è stata sottovalutata, nonostante fin dagli anni “80 il Ministero avesse già previsto corsi specifici per i docenti, non certo in funzione di una eventuale epidemia che costringe a chiudere le scuole, ma come strumento tecnologico per venire incontro alle mutate condizioni di vita della società, sempre più dipendete dall’informatica e dalla scienza tecnologica.
Infatti, grazie alle diverse piattaforme presenti sul mercato e disponibili quindi anche nelle scuole, è possibile fare lezioni in streaming, nelle quali il docente può interagire con i ragazzi mediante una chat o in video, e inserire materiali, compiti, esercitazioni, risolvendo così le problematiche legate soprattutto alla didattica che ora diventa frutto della collaborazione tra docenti e ragazzi.
Si stanno creando, facendo della necessità virtù, nuovi metodi di comunicazione digitale, si stabiliscono nuove routine in accordo con i professori per arrivare alla modalità di insegnamento e apprendimento più efficace. I ragazzi si confrontano e supportano tra loro e con i professori, così come si sta evidenziando laddove questa metodologia è stata implementata in modo scientifico per non lasciarsi sconfiggere dal coronavirus anche sul campo della conoscenza e della istruzione.
Sembra infatti, dai dati che si hanno e dalle esperienze raccontate da alcune scuole, che la differenza nel reagire all’emergenza stia nell’approccio allo strumento tecnologico piuttosto che nell’età dei prof, smentendo così quanti sostengono che i docenti più giovani, essendo più avvezzi all’utilizzo della tecnologia, abbiano maggiori capacità e interesse, dimenticando però che anche molti professori meno giovani si sono messi in gioco per passare dall’offline all’online, dalla didattica pre-social alla didattica condizionata anche dalle tante applicazioni.
D’altra parte sia l’Università e sia le aziende della formazione offrono tanti corsi di specializzazione e master online, molto frequentati.
Alcune università hanno per esempio attivato corsi di laurea con la possibilità di fare lezioni online attraverso una estensione del sistema Moodle, già in uso dal 2015, constatando, forse paradossalmente, che le interazioni, per esempio, sono superiori rispetto alla classica lezione frontale.
Sembra infatti che, contrariamente alle aspettative e dunque alla alzata di mano per chiedere la parola, molti più studenti intervengano in chat e fanno domande. Dunque la rete e l’esperienza online può essere persino positiva da questo punto di vista, per cui la didattica online non può essere del tutto demonizzata, anche se la lezione frontale, e dunque il contatto diretto, è sempre da preferire e nessuno schermo potrà mai sostituire il prof in “carne e ossa” e fra gli studenti fisicamente accanto a lui.
Il punto sembra allora quello di inventare modalità e strategie per motivare i ragazzi a partecipare alle lezioni, rendendole più interattive, considerato che il semplice contenuto da creare e condividere non basta, e constatato fra l’altro che ci sono tantissimi videogiocatori che vivono lo streaming su Twich, oppure utilizzano altri tipi di live streaming come le dirette dei canali YouTube o dei profili Facebook e Instagram.
Dunque con la tecnologia si può fare molto, sfruttando strumenti come Google Classroom e Meet che permettono di fare videolezioni in diretta e di condividere con tutta la classe file, immagini, video e link, mentre gli studenti a loro volta possono condividere i propri materiali e intervenire durante la lezione interagendo con il docente e la classe.
Concludendo, allora, si può dire che questa esperienza “straordinaria” potrebbe diventare preziosa e “ordinaria”, aiutando la diffusione e l’utilizzo degli strumenti tecnologici anche in condizioni normali. Nello stesso tempo potrebbe indurre i docenti, più o meno refrattari, a migliorare il loro rapporto con la tecnologia.
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