I lettori ci scrivono

L’insegnamento della religione cattolica a scuola, perché no

CobasCobas

Nei mesi scorsi questa rubrica ha ospitato varie lettere in difesa dell’IRC:

Secondo Galdi, “I valori di uguaglianza, i diritti fondamentali… che oggi ci sembrano scontati, sono stati attinti dal cristianesimo”. Ma basterebbe leggere i Vangeli per accorgersi che le cose non sono tanto scontate. E basta studiare un po’ di storia per sapere che i valori della modernità si sono affermati nonostante e spesso contro le indicazioni del cristianesimo, di quello istituzionale cattolico in specie. 

Licitra sostiene che “l’Europa ha indubbiamente delle radici ebraico-cristiane, oltre che, latine e greche”, e si appella all’ispirazione cristiana di alcuni grandi geni (rimuove invece quella di tanti grandi carnefici). Eppure i docenti delle rispettive materie fanno bene il loro lavoro senza aver mai seguito insegnamenti cattolici di cattolicesimo. E i classici antichi si studiano senza bisogno di un insegnamento pagano del paganesimo. Mentre non c’è nulla di pertinente che il docente di IRC e lui soltanto potrebbe aggiungere a quei programmi. 

Cavalli ricorda che i docenti di IRC “hanno… nomina d’Intesa” col vescovo, “ricevono per insegnare dal Vescovo… l’Idoneità diocesana”, “per l’Idoneità diocesana hanno abilitazione”, “per l’Idoneità diocesana-Abilitazione e più di 36 mesi di servizio” dovrebbero avere un posto di lavoro senza selezione. Appunto. Sarebbero dunque coerenti se anche lo stipendio lo chiedessero al vescovo.

Per Cetrano chi non si avvale dell’IRC permane in uno stadio subumano. E poi “c’è, ad esempio, V. in ansia perché la sua ragazza ha un ritardo, c’è F. che ha capito di essere omosessuale e teme il rifiuto degli amici, c’è R. che piange perché i suoi genitori si stanno separando…”. Il docente di IRC spiegherà loro che l’Ivg è un omicidio, che l’omosessualità è contraria alla legge naturale e intrinsecamente disordinata, e che il matrimonio è la comunità di tutta la vita ordinata al bene dei coniugi. 

Per Salerno poiché la laicità non è “indifferenza dello Stato di fronte al fenomeno religioso, ma garanzia per tutti i cittadini… la scuola è una realtà inclusiva, non si può e non si deve escludere” l’IRC. Che, aggiunge Galdi, sarebberispettoso del principio costituzionale di laicità per “il valore formativo della cultura religiosa, sotto cui s’inscrive non più una religione, ma il pluralismo religioso della società civile”. Se così fosse avremmo uno studio specialistico del fenomeno religioso, che sarebbe utile e obbligatorio per tutti. Oppure, a scelta, l’insegnamento riformato del protestantesimo, quello giudaico dell’ebraismo, quello musulmano dell’islamismo, ecc.

Al contrario, abbiamo l’insegnamento della “religione cattolica in conformità alla dottrina della Chiesa”, compatibile con la laicità solo perché didatticamente irrilevante, in ogni momento rifiutabile, sostituibile con lo studio autonomo, con altre attività didattiche a piacimento o con una bella passeggiata fuori dall’istituto. 

Andrea Atzeni

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