Ogni volta che si riapre il dibattito sull’abolizione dell’insegnamento religioso cattolico nella scuola pubblica (IRC), rispuntano le solite difese d’ufficio. Sulla rubrica delle lettere di questa testata se ne sono lette tre in un paio di giorni.
Nicola Incampo cita il Concordato del 1929 dichiarandone la continuità col nuovo Accordo del 1984. Tuttavia le parole che egli riporta, a proposito di un IRC “fondamento e coronamento dell’istruzione pubblica”, sono state significativamente eliminate dal nuovo testo. E questo è un forte elemento di discontinuità, insieme all’eliminazione della “religione di Stato”, sulla cui strada si vorrebbe ora proseguire. Nessuno pone in dubbio la rilevanza storica del cattolicesimo, che emerge in tutti gli insegnamenti scolastici a carattere appunto storico critico. Il problema è invece il carattere apologetico e confessionale dell’IRC, che ne determina già oggi la facoltatività e l’irrilevanza valutativa.
Mario Santoro cade in un simile equivoco quando pretende di richiamarsi all’insegnamento di Benedetto Croce. Una cosa è il tema di un’Europa che a parere di quest’ultimo non poteva non dirsi genericamente cristiana, ben altro sono i Patti Lateranensi con la Chiesa cattolica (tra i quali si colloca il Concordato). Croce all’inizio del 1947 deplorò il loro riconoscimento nella Costituzione, come diciotto anni prima aveva avversato la loro approvazione da parte del Senato. A causa del Concordato, programmi, manuali, formazione e selezione dei docenti di religione dipendono dalla Chiesa cattolica (mentre lo Stato si limita a erogare gli stipendi).
Fernando Mazzeo, incredibilmente convinto che esista ancora oggi la “domanda di esenzione” dall’IRC, illustra in modo incisivo l’ideologia che ne è alla base. Afferma fra l’altro che “il processo educativo è efficace se pone al centro l’esperienza religiosa, se stimola nell’alunno momenti di riflessione critica dell’incontro con Dio che pone la vita in un orizzonte nuovo”. Un approccio dogmatico, irrispettoso dei non credenti, oltre che in aperto contrasto col principio di laicità.
Andrea Atzeni