Bocciati gli emendamenti relativi alle procedure concorsuali riservate per i docenti di religione cattolica, occorre porsi delle domande: Chi educhiamo? Cosa educhiamo? Come educhiamo? Perché educhiamo?
Se c’è un punto, come si legge nelle Indicazioni per il curricolo del 2007, in cui non si può non essere d’accordo è che il compito della scuola è quello di educare la persona: un essere unico e irripetibile.
Se ciò è vero, come lo è, una scuola formativa dovrebbe preoccuparsi di offrire occasioni di sviluppo della personalità in tutte le direzioni (etiche, religiose, sociali, intellettive, affettive, operative, creative ecc.).
Pertanto, nel processo evolutivo e culturale dell’educazione, la formazione religiosa si colloca e trova la sua funzione specifica nelle finalità della scuola e concorre alla formazione dell’uomo.
La nostra società e il nostro sistema scolastico sono dunque chiamati a conquistare un rapporto di reciprocità dialettica con l’identità cristiana, spesso, vista come potenziale nemico da cui difendersi, ma vibrante di un impeto capace di esaltare tutto il bene che c’è in tutto ciò che incontra.
L’educazione religiosa è fondamentalmente un’educazione nella storia che applica il metodo della realtà ed è accompagnata da una continua azione interiore che corregge, orienta e guida.
Senza una continua riflessione su ciò che genera alla fede, che educa alla fede, non è nemmeno possibile cogliere l’efficacia e il significato di alcuni modelli pedagogici ispirati ai più bei versi della letteratura italiana che hanno dato senso alla storia e alla vita dell’uomo: “Amore, amore, omne cosa conclama”. Dove la parola amore è da intendere nel suo senso ultimo, cioè come sinonimo di Dio che si è curvato su di noi e ci ha abbracciato (JACOPONE DA TODI, Le Laude).
Purtroppo, l’analisi del contesto attuale testimonia l’indifferenza religiosa, l’ostilità e le difficoltà dell’uomo a porsi il problema della conoscenza della scienza di Dio, a difendere quelle che sono le nostre radici culturali e religiose, a far nascere nel cuore il senso vivo dell’urgenza di educare e cooperare con Dio in una impresa di grande bellezza, ovvero, rendere l’uomo pienamente un uomo.
Anziché formare persone e comunità la cui connotazione dovrebbe far emergere il desiderio e la volontà di essere umili di fronte alla grandezza dell’Essere, si preferisce relegare nell’oblio quel patrimonio che ha guidato e continua a guidare il cammino di tanta nostra cultura.
Il giovane Giacomo Leopardi, non contaminato dalla falsa e scettica filosofia, in un suo scritto sulle pazzie delle antiche credenze, pensa alla Chiesa di Cristo, maledice gli errori pagani ed esalta nella Chiesa il trionfo della verità. Poi aggiunge: “Religione amabilissima… tu vivrai sempre e l’errore non vivrà mai teco. Quando ci assalirà, quando coprendoci gli occhi con una mano tenebrosa minaccerà di sprofondarci negli abissi oscuri che l’ignoranza spalanca avanti ai nostri piedi, noi ci volgeremo a te, e troveremo la verità sotto il tuo manto. L’errore fuggirà, come il lupo della montagna inseguito dal pastore, e la tua mano ci condurrà alla salvezza” (G. LEOPARDI, Saggio sopra gli errori popolari degli antichi).
Ancora, l’incredulo Rousseau nell’Emilio scrive: “Diremo forse, che la storia del Vangelo è una finzione degli uomini? O amico, non è di tal maniera ciò che si immagina con finzione. I fatti di Socrate, che pur sono certissimi, tutti sono muniti di assai minor peso di testimonianze, di quello dei fatti di Gesù Cristo… Sarebbe più difficile che molti d’accordo avessero inventato per frode il libro del Vangelo, di quello che fossero accaduti i fatti che in esso sono riportati”. (J.J. ROUSSEAU, Emilio).
A buon diritto il Manzoni può ripetere: Bella, immortal, benefica / Fede ai trionfi avvezza, / scrivi ancor questo.
In queste sommarie sottolineature dei valori della nostra tradizione letteraria, emerge tutta la concezione cristiana dell’uomo, che è diversa e quasi contrapposta all’essenza dell’uomo moderno nelle cui vene e arterie scorrono pensieri e idee fin troppo carichi di avversione alla fede e alla religione.
I giovani sono la primavera della bellezza. Dio che è sempre giovane e sempre bello ha voluto comunicarci, con alcune grandi opere letterarie, le sembianze della sua eternità. Per questo, l’educazione religiosa è tutta a vantaggio del sacro affetto che rende caldo il cuore.
La sola e laica istruzione, dunque, non sempre basta a promuovere la buona riuscita morale. Oggi, il ritmo della nostra vita, un tempo esposto al senso dell’attesa e alla virtù dell’ accoglienza si è fatto sempre più convulso. La fede nel progresso della scienza e della tecnica, la conquista del benessere e la sete di onnipotenza, hanno racchiuso l’uomo moderno, ormai incapace di progettare la propria esistenza in una dimensione di autentica libertà, in un orizzonte di tristezza.
Il mondo contemporaneo dopo il laicismo positivistico-marxista e dopo l’agnosticismo, le perversioni e i disordini del ’68, sembra nuovamente testimoniare il tramonto di una cultura e di una educazione, quella religiosa, che nasce dal senso della nostra sostanziale indigenza e dal nostro inquietante bisogno di verità e di senso.
La scuola non solo ha abbandonato la sana abitudine a vivere in un rapporto profondo con la Verità (La premessa dei programmi della scuola primaria del’ 55 definiva l’insegnamento della religione cattolica fondamento e coronamento di tutte le discipline), ma si è anche notevolmente allontanata da un’ azione educativa generosa e oblativa, frutto del superamento di ogni forma di ripiegamento su se stessi.
Ragion per cui, oggi, l’educazione religiosa non viene più sentita come un fatto grandioso ed entusiasmante: disturba e mette decisamente in crisi.
Senza il calore dell’azione educativa di una amorosa pedagogia divina, la nostra vita continua inesorabilmente ad essere lacerata dal rumore del pessimismo educativo, ad essere pervasa da una debolezza affettiva che genera gravi disordini, provoca stress, sfigura i volti, avvelena la mente, logora i nervi e fa vivere in uno stato di continua tensione.
Occorre, dunque, nel mare del rumore dell’irreligiosità, creare spiagge di meditazione e di silenzio, occorre far rivivere e riscoprire ai giovani il sottile e affascinante silenzio di una biblioteca, il silenzio dei monasteri e delle chiese che soffocano i suoni, ricoprono lo spazio, lo invadono e lo trasformano.
Fernando Mazzeo
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