L’aggiornamento delle graduatorie delle supplenze, quest’anno con le nuova procedura informatizzata che ha portato alla costituzione (non ancora ultimata) delle Gps, ha portato nuovamente a galla vecchi scenari che riguardano la vita da supplente. Ovvero: quanti aspiranti docenti fino ad oggi hanno svolto tutt’altra professione e hanno deciso di “entrare a scuola” per trovare un approdo sicuro?
Troppi aspiranti docenti che ripiegano sulla scuola
Anche Enrico Galiano, professore di scuola di periferia, creatore della webserie “Cose da prof” inserito nella lista dei 100 migliori insegnanti d’Italia dal sito Masterprof.it. nel 2015, riflette proprio su questi temi.
Nel suo spazio sul sito Il Libraio.it, scrive: “molti che facevano tutto un altro lavoro fino a ieri, oggi sono insegnanti con tanto di cattedra fin alla fine dell’anno. Alcuni perfino di ruolo“. Galiano non nasconde che “abbiamo sicuramente persone che hanno sentito, come dire, “la chiamata”: che folgorati sulla via di Damasco da una vocazione insopprimibile hanno mollato tutto e si sono messi a insegnare“. Ma, nello stesso tempo si chiede: “Quanti ce ne sono lì in mezzo che hanno scelto questa soluzione perché l’acqua stava salendo oltre il livello della gola?“
“Scelta che non mi sento di condannare in toto – precisa l’insegnante: se hai una famiglia da mantenere e un lavoro appena sparito nel nulla, è ovvio che l’insegnamento diventa improvvisamente un’opzione di salvataggio, se ne hai la possibilità“.
“L’insegnante lo fai quando non c’è altro che avresti voluto mai fare”
Ma concettualmente questi presupposti sono sbagliati per diventare insegnanti perchè “non puoi, davvero non puoi fare questo lavoro se non te lo senti dentro. Non può essere un ripiego. Una soluzione di salvataggio. È troppo importante. Sarebbe come permettere a qualcuno senza formazione alcuna di entrare in sala operatoria. Con la differenza che un chirurgo un male lo cura: un professore lo può provocare“.
“Non è più possibile, davvero, tollerare questo sistema di reclutamento: è folle che si basi tutto su un punteggio, e che soprattutto il punteggio non tenga in alcun conto fattori decisivi, imprescindibili come la motivazione e l’attitudine“, prosegue Galiano che conclude: “Questo non è un lavoro che fai quando non c’è altro. Lo fai quando non c’è altro che avresti mai voluto mai fare“.