Un’insegnante di scuola superiore di Wamena ha insultato uno studente originario di Papua, la cui etnia e lingua ormai sono minoritarie rispetto a quella degli immigrati provenienti dall’isola di Giava, chiamandolo “scimmia”. Una notizia falsa, inventata che però si è diffusa come un fulmine tra gli studenti di altre scuole superiori e la popolazione indigena, provocando una reazione violenta: centinaia di persone si sono riversate per le strade di Wamena e Jayapura e hanno dato fuoco a uffici governativi, case, negozi e automobili, lasciando però venti morti, sessantacinque feriti e cinque poliziotti ricoverati in gravi condizioni.
Tre dei venti civili sono stati uccisi dalla polizia con colpi di arma da fuoco, mentre il bilancio delle vittime potrebbe crescere ancora visto che ieri sera delle persone restavano intrappolate nelle proprie abitazioni.
Gli episodi di violenza sono stati così feroci da consigliare la chiusura temporanea dell’aeroporto di Wamena che riaprirà quando le proteste si saranno placate. La notizia del presunto insulto razzista è stata prontamente smentita dal capo della polizia di Wamena Rudolf Alberth Rodja che ha parlato di «bufala» riferita «intenzionalmente per provocare rivolte»: «Chiedo ai cittadini di Papua di non cadere nelle provocazioni di notizie false».
Papua fu annessa all’Indonesia nel 1969 e divisa in altre due regioni di etnia e lingua diversa: negli ultimi anni è nato un movimento di protesta di studenti universitari che chiedono l’indipendenza dallo Stato centrale. Oggi gli scontri tra la popolazione indigena e le forze di sicurezza indonesiane sono all’ordine del giorno.
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