Il 14 dicembre è stato approvato un emendamento al Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, finalizzato all’introduzione della programmazione informatica in tutti gli ordini di scuola.
“Il coding è una nuova ‘lingua’ che deve essere conosciuta per permettere di dialogare con il computer per assegnare allo stesso i compiti o comandi in modo semplice e consentire agli studenti, giocando a programmare, di imparare ad usare la logica, a risolvere i problemi e sviluppare il pensiero computazionale, in continuità e non in contrapposizione con le abilità tradizionali del leggere, scrivere e far di conto”, ha detto l’on. Valentina Aprea, la proponente dell’emendamento.
Non si tratta di una novità.
Nel 1985, ad esempio, è stato elaborato e gestito il Piano Nazionale per l’introduzione dell’Informatica nella scuola secondaria superiore, sperimentazione che capitalizzava le esperienze di molti istituti. Coinvolgeva gli insegnanti di matematica e di fisica che, al termine del loro aggiornamento, avrebbero dovuto seminare quanto appreso.
Un’impresa che non è decollata.
L’origine di tale insuccesso è da ricercare perché rappresenta un importante tassello del cammino che la scuola sta per intraprendere.
Molti erano i nodi concettuali che sostanziavano i piani d’aggiornamento nazionali. Tra questi spiccava la determinazione della natura dell’informatica, il cui carattere è preminentemente metodologico. Il suo ambito vitale si sviluppa nello spazio che intercorre tra i problemi e le risorse tecnologiche.
Una visione che avrebbe dovuto coinvolgere e accomunare tutti gli insegnamenti, superando la visione statica delle discipline: summa di conoscenze, il cui assetto è depositato nei libri di testo.
Nel nuovo contesto, invece, l’immagine delle discipline è arricchita sia dai problemi che hanno scandito la loro evoluzione, sia dai percorsi metodologici che hanno portato ai nuovi saperi: una spirale esprime la sua dinamicità.
Ne discende un’importante implicazione didattica, ovvero la sovrapponibilità dei metodi disciplinari e dei processi con cui si manifestano le competenze. Il che avrebbe dovuto condurre al ripensamento della progettazione educativa.
Il sistema scolastico, che è finalizzato allo “sviluppo di capacità e di competenze”, avrebbe dovuto essere visto come sistema di laboratori in cui si affrontano i problemi che hanno costellato l’evoluzione delle conoscenze disciplinari; conoscenze da conquistare con l’applicazione dei loro tipici metodi di ricerca.
Un’attività di classe esemplificativa è visibile in rete: “Laboratorio di matematica: Archimede”.
Concludendo: l’operatività scolastica non ha mai voluto adeguarsi al nuovo, non ha abbandonato la lezione cattedratica e non ha accettato il nuovo mandato educativo.
Un arroccamento che nemmeno la legge è riuscita a scalfire: la progettazione formativa, quella educativa e dell’istruzione, “sostanza” dell’autonomia delle istituzioni scolastiche, che dal 1999 muovono nella stessa direzione del Piano Nazionale Informatica, sono ancora lettera morta.
Enrico Maranzana
Un altro caso relativo ad una persona esterna alla scuola che si è introdotta in…
I docenti, soprattutto coloro che insegnano nella scuola secondaria di secondo grado, sono frustrati perché…
Si è svolto lo scorso 20 novembre al Ministero dell'Istruzione e del Merito l’incontro di…
In occasione della Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne, il Ministro dell’Istruzione…
Continuano in modo frenetico gli incontri tra organizzazioni sindacali firmatarie del CCNL 2019/2021 e i…
L'insegnante di sostegno che è stata aggredita da una schiera di trenta genitori inferociti è…