Nell’ottobre del 1973, fui convocata dal Preside del Liceo scientifico E. Vittorini di Lentini per il conferimento di una supplenza annuale di storia e filosofia. Avrei dovuto prendere il posto di un professore sindacalista esonerato dall’insegnamento.
Era la mia prima esperienza di lavoro e non mi sembrava vero che, subito dopo la laurea, avrei iniziato il mio percorso di docente con la stabilità di una cattedra per un intero anno. L’indomani, quando mi presentai per prendere servizio, il Preside mi riconvocò annunciandomi che l’insegnante che avrei dovuto sostituire era stato trasferito in altra sede ed al suo posto era arrivato un collega di ruolo.
“Proprio stamattina, disse il Preside, ho ricevuto la richiesta di congedo, per una settimana, da parte di una docente, la vuole sostituire?” Magra consolazione, pensai e con l’amaro in bocca, accettai. Durante la prima ora buca di quella mattinata, mi trovai nella sala dei professori e pensavo ancora a quella bella occasione di lavoro che si era dissolta come neve al sole.
Un giovane collega non esitò a rivolgermi la parola e a lui confidai l’amara delusione che ancora provavo.
“L’inizio della carriera è sempre difficile – disse – il mondo della scuola è fatto di graduatorie, concorsi, domande a Presidi e Provveditori, di schede da compilare, di scadenze ed anche di ingiustizie e ricorsi. Insomma è una giungla, nella quale un giovane aspirante all’insegnamento trova difficoltà ad orientarsi. Conosci La Tecnica della Scuola? Lì c’è scritto tutto quello che un giovane laureato deve sapere. Domani te ne porterò una copia”.
Così, nell’Ottobre del 1973, conobbi mio marito, Elio Calabresi, e insieme a lui La Tecnica della Scuola. Il Direttore, Venero Girgenti, lo conobbi più tardi, nel locale di Corso delle province 34/A, proprio di fronte al Provveditorato, dove faceva consulenza.
Mi colpì subito per la sua vivace curiosità, per il senso pratico di affrontare la vita, per la sua lungimiranza, per la saggezza antica nel riconoscere cose e persone. Della scuola sapeva tutto, conosceva le ultime leggi, le ordinanze ministeriali, i programmi dei prossimi concorsi, le idee e i progetti dei vari Ministri, insomma era una enciclopedia completa. La sua non era solo la conoscenza approfondita di un mondo a lui caro, ma era molto di più, era una passione. Ricordo che s’infervorava per un decreto che non era passato, per una legge che era stata approvata, ma che non rispettava completamente le aspettative, per le ingiustizie che spesso subivano gli insegnanti, per tutto ciò che mortificava il mondo della scuola, l’apprendimento degli alunni e la qualità dell’insegnamento. Quel locale di Corso delle Province, dove si vendeva la Tecnica, nel periodo di presentazione delle domande di supplenza, d’incarico o di trasferimento, era affollatissima.
Venero era instancabile, a tutti forniva spiegazioni per la compilazione di schede, a tutti dava consigli su eventuali problemi, s’intratteneva volentieri con gli insegnanti e ne raccoglieva le confidenze. Aveva una rete di conoscenze scolastiche vastissima, docenti, dirigenti, impiegati del Provveditorato e con loro parlava della quotidianità della scuola, del mondo che cambiava, delle inadeguatezze didattiche, delle speranze dei docenti, dei miglioramenti che tutti si auguravano.
Quando un dirigente o un insegnante affrontava con lui un argomento interessante, il Direttore, con molta nonchalance, gli chiedeva: “Professore, perché non mi scrive un pezzo? Glielo pubblico sulla Tecnica”. Perspicace, visionario, tenace, aveva le idee ben chiare sulla Tecnica e sugli obiettivi precisi da raggiungere, ai quali fu sempre fedele. Il suo giornale doveva essere uno strumento immediato, chiaro, pratico da mettere nelle mani degli insegnanti che aspiravano a una supplenza, a un incarico, a un passaggio di ruolo, a un trasferimento. Una guida valida alla preparazione ai concorsi, ai programmi, alle scadenze. Un giornale che, immediatamente, fosse in grado di pubblicare leggi, ordinanze, decreti e nello stesso tempo mantenesse un dialogo sempre aperto e schietto con i lettori. Venero Girgenti, sulle pagine della Tecnica, ha dato voce a tutto il mondo della scuola. Insegnanti, Presidi, Direttori scolastici, Provveditori, studiosi hanno scritto articoli sui cambiamenti e sulle aspettative di un assetto più stabile e più definito dell’Istituzione scolastica. Mi capitò anche di andare in via Padova, dove nasceva la Tecnica. Lì, a ritmo incalzante, lavoravano tante persone.
Una laboriosa azienda familiare di tutto rispetto, impegnata nell’impaginazione e nella distribuzione del giornale, che a scadenza quindicinale entrava nelle case di molti insegnanti. In quei locali si è raccontata la storia scolastica.
Chi non ricorda il travagliato periodo delle riforme? La riforma della Scuola media, negli anni ’60, delle Superiori, dei Decreti Delegati e del rinnovo degli Organi Collegiali, dell’Università, delle Accademie, dei Conservatori. Venero Girgenti raccoglieva opinioni, malumori, traguardi raggiunti, auspici e li pubblicava sulla Tecnica.
Ecco la rivoluzione giornalistica: la storia della scuola raccontata dai suoi stessi protagonisti, da insegnanti e dirigenti che, quotidianamente, lavoravano nel tessuto della scuola, veri ed unici portavoce di un mondo che cresceva, si trasformava, si evolveva in dinamiche sempre più complesse e moderne.
Venero Girgenti era intuitivo, sapeva fiutare le novità, si faceva portavoce di esse attraverso il suo giornale. Puntuale, attento, non lasciava nulla al caso, si spendeva per offrire ai suoi lettori l’immagine di una scuola viva, in continua trasformazione, pur tra mille difficoltà, incertezze, dibattiti, successi. Il giornale doveva entrare nelle case degli insegnanti, parlare la loro lingua, condividere le loro quotidianità, dichiararsi lo strumento indispensabile per la loro professionalità. Venero Girgenti ha bandito dalle sue pagine ogni forma di retorica.
Il dialogo con i suoi lettori è sempre stato diretto, sincero, onesto. Questa è stata la formula vincente del suo successo.
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