La notizia è delle 7,50, l’ orario in cui si sta per entrare in classe: c’è il nuovo contratto. Hanno firmato i sindacati confederali. Gilda e Snals no. Grande soddisfazione da parte di CGIL, CISL e UIL…
Finito di lavorare, ho cercato quanto firmato, ho letto, ho riletto e, per quanto mi sia sforzato non ho mica capito tutta questa soddisfazione.
Dai siti dei firmatari parrebbe che dopo quasi dieci anni di attesa, si sia in presenza di una sorta di fatto epocale. Nel comunicato congiunto dichiarano soddisfatti: “docenti, personale ata, ricercatori, tecnologi, tecnici, amministrativi hanno finalmente riconquistato uno strumento forte di tutela delle proprie condizioni di lavoro, dopo anni di blocco delle retribuzioni e di riduzione degli spazi di partecipazione e di contrattazione”.
Addirittura? Certo, rimarcano all’ unisono le OOSS, soprattutto se si tiene conto delle condizioni complicate in cui si è giunti alla travagliata firma.
E però, dite quel che volete, a guardare da vicino la storia sembra diversa, tanto da togliere ogni entusiasmo a quella firma. Oltre a far sorgere il dubbio che qui qualcuno ci marci o abbia la memoria corta.
Anzitutto va ricordato che il presupposto sulla base del quale si è avviata la trattativa nel 2016, è l’Intesa tra Governo e sindacati sul rinnovo dei contratti pubblici del 30 novembre. Quell’ intesa generò immediatamente polemiche, soprattutto per aver stabilito la quota di 85 euro come l’aumento medio mensile da aspettarsi, nonostante la perdita di potere di acquisto degli stipendi della scuola nei dieci anni di vacanza contrattuale sia stata superiore di almeno tre volte.
Ma quel documento, argomentarono le OOSS, conteneva un elemento determinante per il futuro di qualsiasi contrattazione. Alla lettera a) del capitolo sulle relazioni sindacali, veniva stabilito che “Il Governo […] si impegna alla definizione di un intervento legislativo volto a promuovere il riequilibrio a favore della contrattazione, del rapporto tra le fonti che disciplinano il rapporto di lavoro […] per una ripartizione efficace ed equa delle materie di competenza e degli ambiti di azione della legge e del contratto.
In pratica, nonostante una parte economica che non rimetteva nemmeno in pari il potere di acquisto perduto dall’ ultimo rinnovo di contratto, di buono c’ era l’impegno del Governo ad annullare quanto stabilito all’ articolo 2 del famigerato ‘decreto Brunetta’, per il quale “accordi e contratti collettivi possano derogare alla legge ai regolamenti e agli statuti “solo se espressamente previsto”. Ovvero che tra legge e Contratto prevale la legge, per cui gli accordi sindacali in contrasto sono nulli.
Si trattava, spiegarono, della possibilità di ridare centralità alla contrattazione ed evitare che fosse il Governo a dettare le regole del rapporto di lavoro.
Ora, dopo aver verificato che non si fosse trattato di una mia distrazione, a me risulta che quella norma non sia stata modificata. E non poteva esserlo, del resto, da almeno due mesi a questa parte, considerato che il Parlamento è stato sciolto da oramai quasi due mesi (senza dire che su quello futuro e sulla sua disponibilità ad operazioni del genere c’ è quantomeno di che dubitare).
Senza l’abolizione i quella norma, viene meno la compensazione per una parte economica deprimente (che rinuncia perfino ad allineare gli stipendi del personale della scuola con quelli degli altri dipendenti pubblici), e la parte normativa approvata risulta praticamente inutile, perché modificabile in qualsiasi momento dai Governi che verranno. Mentre resta, al momento, completamente sotto ordinata alle prescrizione della legge 107.
Ritorno quindi alla domanda fatta all’ inizio: da che deriva tutta questa soddisfazione per la firma? Forse ai firmatari fa piacere poter contrattare il “quantum” del bonus di merito dei docenti (anche se con un fondo dimezzato e dopo aver sostenuto che quella norma limita la libertà di insegnamento prevista dalla Costituzione)? Oppure intriga il neonato istituto del “Confronto”, che costringe il Dirigente Scolastico a parlare con i sindacati di cosa intende fare (anche se senza alcun obbligo di modificarle, quelle intenzioni)? O forse, par di capire che sia cosa gradita l’idea di avere almeno un ruolo ‘attivo’ nell’ attuazione della 107, in una sua sorta di ‘contrattualizzazione’ (che però, senza Parlamento e senza la forza di pretendere che cambi, resta così com’è)?
Certo, a pensar male si potrebbe sospettare che, vista l’ assenza di risorse e constatato di non avere potere contrattuale per puntare alto, qualcuno abbia pensato di salvare il salvabile firmando il firmabile. Un modo per stare ai tavoli ed esercitare una qualche forma di potere senza essere completamente messi da parte. Certo, un potere esercitabile più nei confronti dei lavoratori che della controparte, ma utile a rimanere in vita in attesa di tempi migliori.
Ma questo sarebbe un malevolissimo pensiero. Si tratterebbe di pensar male, come dicevo, di arrivare ad ipotizzare che i firmatari abbiano pensato a difendere se stessi anziché i loro iscritti, che si siano, insomma, comportati come una ‘casta’ qualsiasi.
Il che, chiaramente (ripeto), non è vero; non è possibile.
Norberto Gallo