Taluni ritengono che la presenza dell’insegnamento della religione Cattolica (IRC) nella scuola italiana contraddica l’idea laica della stessa funzione sociale della scuola. Il Concordato viene così inteso come un’invasione di campo e l’ora di religione incostituzionale.
Le sterili contrapposizioni fondate spesso su stereotipi non aiutano nessuno, ma alimentano quel clima di tifoseria da stadio che certo non facilita le persone a capire.
Ora, dal momento che è la Carta costituzionale a conferire l’autentico significato di laicità, e non la libera elucubrazione del singolo cittadino, sarebbe appropriato sottrarre la materia agli strafalcioni delle mere opinioni personali per rifarsi alla giurisprudenza costituzionale.
La via sicura per intendere correttamente la questione è quella della Corte costituzionale, organo di garanzia a cui è demandato il compito di verificale la conformità a Costituzione.
Essa premette innanzitutto che «il principio di laicità, quale emerge dagli artt. 2, 3, 7, 8, 19 e 20 della Costituzione, implica non indifferenza dello Stato dinanzi alle religioni (come avviene nella Costituzione francese, figlia della cruenta rivoluzione ndr) ma garanzia dello Stato per la salvaguardia della libertà di religione, in regime di pluralismo confessionale e culturale […]» e che «la Repubblica può, proprio per la sua forma di Stato laico, fare impartire l’insegnamento di religione cattolica in base a due ordini di valutazioni: a) il valore formativo della cultura religiosa, sotto cui s’inscrive non più una religione, ma il pluralismo religioso della società civile; b) l’acquisizione dei principi del cattolicesimo al “patrimonio storico del popolo italiano”». (Sentenza n. 203/1989). La sentenza n.13/1991 dichiara più esplicitamente, scongiurando ogni dubbio interpretativo, che l’Insegnamento della Religione Cattolica «non contrasta – essendone anzi una manifestazione – col principio supremo di laicità dello Stato».
In definitiva, il principio supremo della laicità dello Stato, che è uno dei profili della forma di Stato delineata nella Carta costituzionale della Repubblica, non supporta la tesi del “privilegio concordatario”, ma anzi ne deriva che i sostenitori di questa tesi, lungi dal difendere la laicità, ne manipolano il significato per meglio adattarla alla personale avversione alla Chiesa. Questi vorrebbero svincolare la società dai valori ereditati per instillare proprie ideologie incompatibili con essi avviando processi squalificanti della professione docente degli IdR nelle più deprecabili forme. Considerandola intrusa ed ingombrante, si tende ad escluderla dagli stessi diritti lavorativi dei colleghi e dalla medesima dignità disciplinare, contrastando con il principio di non discriminazione dalla Direttiva Europea 1999/70 CE.
In uno Stato di diritto non dovrebbero essere concesse molestie all’istruzione in nome del risentimento anticlericale, né può essere disprezzata la vera laicità in nome di una falsa.
Vincenzo Galdi
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