Sulla base dei dati Istat, in Italia un ragazzino su due è vittima di episodi di bullismo, che nel 9% dei casi hanno una frequenza settimanale. Ad essere più colpite sono le ragazze (21%) rispetto ai ragazzi (19%). La fascia di età più a rischio è quella tra gli 11 e i 17 anni.
Per contrastare questo fenomeno, lo scorso anno è stata lanciata la prassi di riferimento UNI/PdR 42:2018 “Prevenzione e contrasto del bullismo”, vale a dire una serie di regole che possono aiutare le scuole e le associazioni, frequentate dai minori, a prevenire il bullismo.
La prassi è nata dal tavolo di lavoro promosso da Accredia (Ente unico nazionale di accreditamento), con il coinvolgimento di UNI (Ente di normazione), FIDAE (Federazione rappresentativa delle scuole cattoliche italiane), ISRE (Istituto Internazionale Salesiano di Ricerca Educativa) e MOIGE (Movimento Italiano Genitori).
Il tavolo di lavoro ha individuato una serie di criteri e linee guida, raccolti in un “decalogo”: le strutture che decidono di aderire alla prassi devono adottare e rendere pubblico un documento nel quale sono definite le misure contro il bullismo, illustrando obiettivi, politiche e strategie da seguire. Una di queste, ad esempio, è la creazione di una “Commissione Antibullismo” rappresentativa di tutte le parti interessate (docenti, alunni e famiglie). Inoltre, è necessario svolgere periodicamente “audit antibullismo”, sia programmati che a sorpresa.
Questa iniziativa permette di avere più tutele per i ragazzi e più garanzie per le famiglie, che possono decidere in quali scuole iscrivere i propri figli in base all’adozione o meno della prassi. Anche le strutture traggono vantaggio dall’adesione alla prassi: non solo possono comunicare all’esterno il loro impegno nel contrasto di bullismo e cyberbullismo, migliorando pertanto immagine e reputazione, ma anche avere una maggior tutela in sede legale.
In più, l’aspetto più innovativo è rappresentato dal fatto che una scuola o associazione, laddove dimostri il rispetto dei requisiti della prassi, può chiedere e ottenere una “certificazione”, da un Organismo accreditato da Accredia.
La certificazione, rilasciata da tale soggetto terzo, sul quale Accredia verifica la competenza, l’imparzialità e l’indipendenza, rappresenta pertanto la garanzia che la scuola stia rispettando le regole previste dalla prassi.
L’Italia è il primo al mondo ad aver avviato un processo di certificazione accreditata per il fenomeno del bullismo.
Nella Penisola sono oltre 60 le scuole che hanno già aderito alla prassi. Per questo, UNI e l’Associazione Nazionale Presidi stanno lanciando un progetto pilota con l’obiettivo di diffondere il sistema antibullismo in alcune scuole di Roma e Milano, che faranno da capofila, per poi estenderlo a tutto il territorio nazionale.
L’Italia rappresenta anche una “best practice”, dal momento che molti Paesi hanno manifestato interesse alla prassi, in particolare l’Albania, con circa una 60ina di scuole interessate, gli Stati Uniti – dove nel giugno scorso è stata presentata al Congresso Internazionale delle Scuole Cattoliche davanti a 80 nazioni – e i Paesi dell’America Latina.
Proprio per questo, Accredia ha provveduto a farla tradurre in inglese e in spagnolo e recentemente ha concesso il nulla osta per la traduzione in lingua araba.
Diversi progetti di respiro mondiale, in ambito cattolico, stanno sorgendo attorno alla prassi antibullismo. In particolare, la FIDAE e la ong cattolica BICE, con sedi a Parigi e Ginevra ed attività in tutto il mondo, stanno avviando un progetto per la definizione di una policy per la protezione dei minori dagli abusi, che, rispetto al bullismo, avrà proprio la prassi Accredia come modello di riferimento.