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L’Italia non è un Paese per college

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Quotidiano La Repubblica, 1 novembre: a pagina 7, un bellissimo articolo di Conchita De Gregorio dal titolo “Non permettiamo che la scuola si svuoti. Facciamone la casa dei nostri alunni”. Con la sua solita scrittura brillante e coinvolgente, la nota giornalista e scrittrice immagina un mondo alla rovescia in cui i ragazzi vivano tutti quanti assieme in una scuola delle meraviglie e dunque, invece di incontrarsi in video con compagni e professori, continuino a farlo, sì, ma con i genitori a casa. De Gregorio, dopo avere ricordato i college americani, si chiede: “perché non pensare (con calma, con progetto, non da domani) di trasformare i tantissimi edifici pubblici in luoghi dove i ragazzi, per gruppi e per fasce d’età, possano andare a vivere nel tempo della scuola. Un dormitorio, una mensa, dei servizi esterni, per piccoli gruppi, con test e tracciamento. Con tutte le regole e le sicurezze, con cautela e controllo: ma loro, tra loro….. Portare la casa a scuola, non il contrario”.


I sogni son desideri…

Meravigliosa dichiarazione d’intenti, straordinaria visione utopica in un momento di massima distopia come quello che stiamo vivendo. Ma Conchita De Gregorio non può non rendersi conto che un’idea come la sua potrà – forse – essere realizzata in Italia tra un paio di secoli (se va bene). Occorrerebbero investimenti che nell’Italia repubblicana non sono mai stati pensati per la scuola.
Al tempo stesso, Conchita De Gregorio non può non sapere che centinaia di istituti scolastici, in Italia, sono ancora allocati in palazzi di civile abitazione, affittati a carissimo prezzo dagli Enti locali, perché la politica degli affitti è stata e continua ad essere molto più comoda rispetto alla costruzione di edifici che siano progettati per ospitare delle scuole.

…che si scontrano con la realtà

Un’indagine conoscitiva della Camera dei Deputati sulla situazione dell’edilizia scolastica in Italia, avviata nel 2013 e conclusasi nel 2017, non lasciava grandi speranze per il medio periodo: “La situazione dell’edilizia scolastica nel nostro Paese è grave. Oltre il 50 per cento dei 42 mila edifici in cui vivono milioni di studenti e di operatori scolastici non sarebbe a norma e diecimila di essi dovrebbero addirittura essere abbattuti.” Abbattuti! E sono i nostri stessi parlamentari che lo riconoscono e lo affermano..

Inversione di tendenza ma a piccoli passi

E allora, molto più prosaicamente, partiamo da obiettivi minimi e realisticamente realizzabili, in Italia, nel giro dei prossimi cinquant’anni. Avviamo politiche nuove e più lungimiranti che si propongano di costruirle le scuole, piuttosto che affittare localacci completamente inadeguati, in barba all’apparato normativo sulla sicurezza, per stiparci dentro migliaia di alunni in condizioni aberranti e lesivi della dignità umana e professionale. Non ci sono i soldi per costruirle? Recuperiamo le decine e decine di edifici abbandonati – anche scolastici – che giacciono dismessi, dimenticati e abbandonati nelle nostre città, come se le amministrazioni locali avessero paura di disturbare il loro sonno eterno.
I sogni coltiviamoli, per carità, ma nell’immediato chiediamo a chi ci governa di formulare proposte realistiche per offrire spazi decorosi, presentabili e vivibili ad alunni, docenti e personale scolastico.