Heinz Beck, chef di un ristorante con tre stelle, nel corso di un intervento al Simposio “Il Gusto per un benessere sostenibile” organizzato presso il quartier generale dell’Onu a New York, ha strillato: “Le nostre scelte alimentari hanno un impatto sulla nostra salute e, allo stesso modo, condizionano la qualità dell’ambiente che ci circonda. Per poter fare delle scelte più consapevoli l’educazione nutrizionale deve iniziare presto, con programmi scolastici che insegnano ai giovani i principi di una dieta equilibrata e l’importanza di evitare il consumo eccessivo di cibi ad alto contenuto calorico e poveri di nutrienti. [……]
Noi, come Chef e professionisti del settore alimentare, dobbiamo promuovere, quanto più possibile, ai nostri allievi e a tutte le persone che ci seguono l’importanza non solo della qualità della materia prima ed i suoi nutrienti ma anche della sua trasformazione e della corretta lavorazione”.
L’intervento di Beck, non si è però limitato a questo. Ha infatti aggiunto: “L’alimentazione è in grado di influenzare positivamente la società nel suo complesso, con il contenimento dei costi della sanità, la riduzione delle disparità sociali e la riduzione dello stigma sociale”.
Se il discorso dello chef tristellato può essere accolto e ritenuto di buon senso, c’è d’altro canto una contraddizione enorme sulla scuola e sul mondo dell’istruzione in generale. Infatti non c’è argomento, condizione, vulnus nella società le cui risoluzioni non vengano affidate alla scuola.
Quando qualcosa non va bene, quando si rileva qualche contraddizione, e su tutti gli ambiti, dalla salute, all’alimentazione, dall’obesità alle droghe, dalla strada alla legalità, dalla lettura alla sessualità e così via, allora l’uscita più comune e facile è quella di rivolgersi alla scuola.
Allo stesso modo, quando qualche alunno viene preso in flagrante di reato per un motivo qualunque, immediatamente la colpa è della scuola, senza stare a pensare a tutte le altre variabili.
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