Simone Feder, psicologo della Casa del Giovane di Pavia, intervistato da vita.it, risponde ad alcuni degli interrogativi venuti fuori in questi giorni sulla scuola, a cominciare dal tema della bocciatura, della condotta, degli esami: “Le discussioni di questi giorni sono discorsi stanchi. La vera questione è arrivare prima”, prima cioè che accadano i fatti.
“Noi stiamo gestendo tanti ragazzi che hanno avuto una sospensione, ma anche i genitori che giustificano sempre. Dicono “ma sono cazzate… chi non le ha fatte?”, non pensando che a volte – dico io – quelle “cazzate” sono reati. Occorre far balenare un po’ di senso critico e soprattutto iniziare a ragionare in termini di “comunità educante”, altrimenti sospensioni e punizioni non funzionano. Anzi, se non vai a recuperare i ragazzi sospesi rischi di incattivirli ancora di più”.
Il punto principale, spiega lo psicologo, che ha implementato un progetto con le scuole del pavese, consiste nello spiegare ai genitori che occorre guardarsi in faccia e “creare un’alleanza tra noi, i ragazzi e la scuola. Con le scuole degli studenti che sono venuti da noi abbiamo messo in piedi un progetto e l’attività è stata quella di lavorare sulla verbalizzazione del loro mondo interiore. Si fa un percorso e poi insieme si analizzano le risposte e si favorisce l’autoconsapevolezza e il rispetto dell’altro.
Gli stessi ragazzi tengono un contatto con noi e coinvolgono i compagni, diventano essi stessi una risorsa positiva”.
“Quando vengono da noi coinvolgiamo genitori e ragazzi insieme e la prima domanda è sempre “perché siete qui?” e poi si impostano regole e incontri, si dà il via a un percorso pomeridiano al termine del quale facciamo insieme una restituzione del lavoro svolto ai genitori e al corpo docente”.
E gli sportelli psicologici nelle scuole? Federe risponde: “così come sono impostati non stanno funzionando molto. Personalmente sto cercando di progettare un intervento in base al quale siano gli stessi ragazzi a essere delle “sentinelle” rispetto ai compagni, formandoli. È una proposta che è arrivata da loro perché sanno meglio di altri riconoscere i gesti… in questo modo sono gli stessi studenti a essere valorizzati e responsabilizzati”.
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