Lo sciopero generale programmato dalla Cgil per venerdì 12 dicembre, disertato sinora da tutte le organizzazioni sindacali maggiori, sta raccogliendo adesioni tra i sindacati e le associazioni più piccole: soprattutto nel mondo della scuola, dove i disagi per studenti e famiglie potrebbero rivelarsi maggiori che in altri comparti. Dopo le adesioni alla protesta, che si concretizzerà con una manifestazione nazionale a Roma, da parte di Cobas, Cub e SdL, a meno di dieci giorni dall’iniziativa anche i Comitati italiani precari hanno fatto pervenire la loro volontà a partecipare.
Lo hanno divulgato attraverso un comunicato stampa in gran parte argomentato dalle dichiarazioni del presidente Maristella Curreli. La preoccupazione dei Cip, una delle associazioni storiche a difesa dei diritti dei docenti non di ruolo, è che a pagare il prezzo maggiore dei tagli previsti dal Governo siano proprio i precari: “i provvedimenti Gelmini-Tremonti-Aprea – sostiene Curreli – costano 160.000 posti di lavoro e cancellano ogni possibilità di stabilizzazione dei precari, revocando i loro diritti acquisiti negli anni, infliggendo un colpo ferale alla scuola statale”.
Per questo motivo “dopo essere stati in prima fila il 17 e il 30 ottobre scioperiamo ancora a difesa della scuola pubblica, laica e di qualità. Ciò comporta, per i precari, un notevole sacrificio economico ma anche un dovere essenziale. Sul piano occupazionale siamo i soli penalizzati dai tagli della finanziaria voluta da Tremonti”.
Ma i Cip non puntano il dito solo contro il Governo, perché le loro accuse riguardano anche ambienti più vicini e, almeno sulla carta, potenziali alleati. Una delle categorie più colpite dall’associazione dei precari sono, infatti, i sindacati, in particolare quelli troppo concertativi: se la scuola è arrivata a questo punto la colpa sarebbe infatti non solo della “strabica politica economica che dissipa risorse pubbliche”, ma anche della “scarsa sensibilità fin qui dimostrata dalle organizzazioni sindacali verso il precariato e la dissennata divisione del fronte sindacale che sostiene le medesime ragioni con manifestazioni separate, screditandosi – sostiene Curreli – come serio interlocutore tanto per i precari quanto per lo stesso Governo”.
E’ un dato di fatto, opinioni a prescindere, che il malcontento sia alto. Un motivo in più per raccogliere adesioni, tra l’altro in un mese (quello in cui viene maturata la tredicesima) durante il quale fare sciopero può essere ampiamente “ammortizzato” dalla tredicesima. L’impressione è allora che, cavalcando anche la tensione tra i lavoratori per provvedimenti contro il mantenimento dello status quo, nei prossimi giorni possano seguire l’esempio dei sindacati di base e dei Cip anche altri sindacati ed associazioni. Alcune associazioni, sempre della scuola, quelle più agguerrite ed in lotta da tre mesi per il ritiro del dl Gelmini sul maestro unico, hanno già fatto sapere che il 12 i loro iscritti incroceranno le braccia. Altre stanno valutando la situazione: sono consapevoli che tirare troppo la “corda” potrebbe comportare una richiesta eccessiva ai lavoratori, i cui stipendi, si sa, sono ormai sempre meno “pesanti” a causa dell’inflazione, della crisi economica e degli aumenti sempre meno in linea con il costo della vita. Il risultato, in queste situazioni, è che chiamando allo sciopero il personale per a poco più di trenta giorni dall’ultima iniziativa – quello del 30 ottobre a cui hanno partecipato tutte le sigle maggiori e la grande maggioranza delle più piccole – si rischia di far desistere il lavoratore. Il malcontento per le scelte fatte di recente da Governo e Miur però, allo stesso tempo, rimane alto. Così alto che per la Flc-Cgil “vedrà scendere in piazza milioni di lavoratori, vedrà ancora una volta una forte adesione anche nei comparti della conoscenza”.