Home Archivio storico 1998-2013 Riforme Lo sciopero Unicobas salvato dagli… studenti

Lo sciopero Unicobas salvato dagli… studenti

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Non sembra aver avuto un grosso seguito il primo sciopero nel comparto scuola organizzato dall’Unicobas: secondo i dai rilevati dal Miur, seppure parziali (5.773 scuole rilevate su 10.475 con 9.961 dipendenti scioperanti su 539.426 tenuti al servizio), si sarebbe astenuto dal lavoro appena l’1,85 per cento del personale scolastico. Una stima che, se confermata, potrebbe ancora una volta dare ragione (come un po’ tutte le iniziative post 30 ottobre 2008) alla posizione degli esponenti del Governo e del ministro dell’Istruzione, Mariastella Gelmini, secondo cui a protestare sarebbe solo una sparuta minoranza. Implacabile il commento, in questa direzione, del senatore del Pdl Giorgio Stracquadanio, secondo cui la l’iniziativa dell’Unicobas sarebbe stata sostenuta dai “soliti quattro gatti di sinistra che si danno saltuariamente appuntamento sotto il ministero dell’Istruzione.
In effetti, già durante la manifestazione, organizzata dallo stesso sindacato in mattinata davanti al Miur, si poteva intuire che il numero di adesioni stavolta non sarebbe stato entusiasmante: la scalinata che porta al Ministero e l’area circostanza di viale Trastevere erano colme di gente, ma per una discreta parte si trattava di studenti che nel giorno delle contemporanee manifestazioni proclamate dall’Uds e a cui hanno aderito Rete degli studenti ed Udu (oltre 50 manifestazioni in tutta Italia anti-Gelmini e contro l’operato del Governo con migliaia di adesioni a Milano, Firenze e Roma dove ci sono stati anche alcuni problemi con le forze dell’ordine), avevano preferito la protesta davanti al simbolo del potere scolastico.
E non è un caso se diversi striscioni preparati dai manifestanti Unicobas erano rivolti proprio ai colleghi lavoratori ritenuti evidentemente poco combattivi: “Docenti e Ata uniti nella lotta, la scuola pubblica non si tocca”, “Collega nella scuola non stare lì a guardare, c’è la scuola pubblica da salvare”.
Malgrado tutto da Stefano d’Errico, segretario nazionale dell’Unicobas, trapelava una certa soddisfazione: “dalle scuole giungono dati confortanti sull’adesione dello sciopero: alcune, come un istituto di Tor Carbone a Roma, sono rimaste chiuse e tutti i ragazzi – ha detto il sindacalista – sono venuti qui a manifestare. Significa che il malessere per come è organizzata e finanziata oggi la scuola ha raggiunto livelli massimi”. D’Errico ha quindi confermato l’alleanza strategica con l’Italia dei Valori di Di Pietro: “nei prossimi giorni prepareremo insieme una campagna specifica di rilancio della scuola: tutti gli altri sindacati e partiti politici – ha sottolineato – sembra stiano facendo il gioco delle tre carte, proprio mentre il Governo taglia organici e risorse scolastiche a dismisura ed il Parlamento si appresta ad approvare il ddl Aprea”. “.
D’Errico ha quindi ricordato, uno per uno, i punti del progetto di legge sulla riforma dello stato giuridico dei docenti in discussione da alcuni mesi (anche se in estate c’è stata una brusca frenata per la presa di posizione della Lega ritenuta sopra le righe dalla stessa presidente della Commissione Cultura Valentina Aprea) di cui i lavoratori della scuola si dovrebbero particolarmente preoccupare: “Se il ddl passasse così com’è oggi – ha dichiarato il leader dell’Unicobas – i presidi assumeranno gli insegnanti con assoluta discrezionalità, l’assunzione per reclutamento concorsuale non esisterà più, gli istituti si trasformeranno in fondazioni e quindi in vere e proprie aziende rette da consigli di amministrazione con privati e sponsor privati ad influire direttamente sulla didattica. Così i dirigenti scolastici diventeranno i padroni assoluti della scuola scegliendo anche le fasce di stipendio del personale“.
In contrasto con questo progetto di legge, il sindacato di base ha presentato nella scorsa primavera un ddl alternativo, sempre attraverso l’Idv, che prevede un Consiglio superiore della docenza: un organo attraverso il quale possano essere introdotti stipendi dignitosi ed in linea con le media europea, un numero massimo di studenti per classe ed anche una carriera dei docenti (sganciata dal pubblico impiego) che possa permettere agli insegnanti più meritevoli di diventare tutor universitari dei futuri docenti.
L’ultima stoccata del segretario è per le Rsu d’istituto: “è chiaro che la riforma Brunetta le vuole eliminare: per la scuola – conclude amaramente d’Errico – sarebbe la fine della democrazia, della collegialità scolastica e del diritto allo studio”.