Lo “sciroppo amaro” del merito

Da qualche giorno è iniziato il dibattito intorno alle linee-guida “La buona scuola”. La maggior parte degli interventi riguardano argomenti e aspetti di per sé interessanti ( inclusione, valutazione e responsabilità ) che troverebbero spazio in qualche pubblicazione di pedagogia , ma che al momento lasciano molti miei colleghi e il sottoscritto indifferente.

Spesso questo sentimento è sostituito dalla rabbia, prodotta dalla percezione di una strategia governativa finalizzata al solo contenimento dei costi per l’istruzione. Insomma non riesco ad appassionarmi dietro le parole valutazione, autonomia inclusione, responsabilita , merito… Ho l’impressione che si parli di tutto questo per distogliere l’attenzione dallo “sciroppo amaro” del merito e quindi renderlo meno indigesto. E mi spiego.

Su molti dizionari il merito rimanda al diritto a una ricompensa in proporzione all’impegno e alla qualità dell’obiettivo conseguito.

Ora di tutto questo nel documento “La buona scuola” non c’è traccia. Anzi è significativamente presente la sproporzione tra l’impegno richiesto (acquisizione di crediti didattici, formativi e professionali) e il riconoscimento economico (60€ netti ogni tre anni).

Se venisse formalizzata questa relazione asimmetrica (impegno/riconoscimento), allora si consegnerebbe definitivamente il docente a un profilo a basso tasso professionale, caratterizzato dal volontariato e dalla gratuità o quasi della prestazione lavorativa.

Con l’aggravante di non ricevere integrazioni contrattuali  il contratto nazionale rimarrà bloccato almeno fino al 2020, chissà poi…) o risorse aggiuntive per anzianità (gli scatti verranno aboliti).

Purtroppo questo profilo è già presente nella scuola, attraverso le tant e attività di colleghi che decidono di “impegnare” il loro tempo a scuola a fronte di un riconoscimento economico non adeguato.

Ora, questa tendenza all’impegno quasi gratuito è ben conosciuto “ ai piani alti” di Viale Trastevere. Il documento “ La buona scuola” non fa altro che formalizzare ulteriormente questo profilo. E di questo siamo responsabili anche noi docenti.

I lettori ci scrivono

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