Al primo posto c’è Giurisprudenza: il 24% dei laureati nel 2013 risulta ancora senza un posto fisso; seguono i dottori in Psicologia, la cui percentuale dei disoccupati sfiora il 18%. Con il 15%, infine, il corso di laurea in Lettere. A seguire: Lingue e Letterature Straniere, Scienze Politiche e Arte. Nel mondo del lavoro, sembrano apprezzate le lauree in Filosofia, Agraria e Sociologia. La percentuale dei laureati disoccupati, per questi corsi, raggiunge appena il 10%.
Almalaurea fa sapere inoltre che la valutazione dell’utilità di un percorso di studi o di una laurea è una questione alquanto complessa, che quasi mai può esaurirsi con una semplice classifica.
L’istruzione non ha infatti solo un fine utilitaristico e per il mercato del lavoro, ma contribuisce a migliorare sia la percezione del mondo e sia il benessere anche in altri ambiti della vita personale.
Esistono poi delle differenze importanti tra i corsi di studi: un conto è analizzare i dati relativi all’inserimento professionale dei laureati a un anno dal conseguimento del titolo, un altro è prendere in esame la condizione occupazionale dei laureati delle Facoltà di Medicina e Chirurgia o Giurisprudenza che a un anno dalla laurea proseguono ancora con la formazione post laurea.
Ancora più complessa è la questione della valutazione della performance degli atenei sulla base della performance occupazionale dei laureati perché questa dipende, oltre che dalla qualità dei servizi offerti dalle singole istituzioni, anche da diversi fattori che non sono sotto controllo degli atenei: senza tenere in debita considerazione tutti questi elementi, contemporaneamente, qualunque valutazione e graduatoria rischia di essere, oltre che distorta, irrilevante o addirittura dannosa.