“A te che dici: “Devi ringraziare la tua insegnante per averti detto che saresti finito a inscatolare le merendine in fabbrica. Le sue parole ti hanno spronato a dare il meglio di te. Se sei dove sei oggi, è anche grazie a lei.” NO. Se sono dove sono oggi, è nonostante lei. Nonostante il suo odio. Nonostante il suo disprezzo. Nonostante la sua scellerata noncuranza. Nonostante la sua cattiveria. Se sono dove sono oggi è solo grazie all’amore che ho ricevuto, alle parole di incoraggiamento, alla fiducia dei pochi che, anche quando tutto andava a rotoli, non hanno smesso di credere in me. Ero un bambino, maledizione! Le sue parole mi hanno fatto a pezzi. Mi hanno causato 15 anni di ansia cronica. Mi hanno fatto perdere l’autostima. Mi hanno dato innumerevoli notti piene di incubi. Mi hanno traumatizzato”.
Non usa mezzi termini Nicolò Govoni, giovane scrittore, nominato nel 2020 al Premio Nobel per la Pace, fondatore di Still I Rise, un’organizzazione umanitaria che apre scuole per i bambini più vulnerabili tra Grecia, Turchia, Siria, Kenya, Repubblica Democratica del Congo e Colombia.
In un post su Facebook parla del suo rapporto con alcuni insegnanti, una in particolare, e di come lo abbia tristemente segnato.
Sempre riferendosi alle parole pronunciate da una docente, continua: “Sono il motivo per cui, ancora oggi, quando vinco un premio prestigioso, quando pubblico un bestseller, quando apro una nuova Scuola, una vocina nella mia testa ripete: “Non te lo meriti. Non sei abbastanza. E un giorno perderai tutto quanto.” La violenza, che sia fisica, verbale o psicologica, non crea mai, distrugge e basta. Ero un bambino, maledizione… e oggi, ogni volta che guardo i miei, di studenti, in tutta la loro giovinezza, la loro ingenuità, la loro fragilità, la loro speranza e, certamente, anche la loro fallibilità, mi sento morire, al solo pensare di spegnere loro la luce degli occhi, anche magari per sbaglio, usando simili parole. Ci credi che, piuttosto di fare a loro quello che hanno fatto a me, mi butterei da un palazzo? E lo sai perché? Perché so cosa significa arrivare sull’orlo del baratro. Perché so cosa significa guardarsi allo specchio e vedere… niente. Nessuno. Il vuoto”.
“Ma soprattutto perché – conclude il suo sfogo – è stata proprio un’altra insegnante, Nicoletta, con le sue parole di cura, di conforto, di saggezza un anno dopo, ad afferrarmi mentre cadevo e, così, a salvarmi la vita. Lei è stata l’antidoto. E se sono dove sono oggi – se migliaia di bambini nel mondo vivono meglio grazie al nostro lavoro – è soprattutto grazie a Nicoletta. È grazie all’amore, non certo all’odio. Quindi non dirmi che quelle parole mi hanno spronato. Non dirmi che sono qui anche grazie a lei. Non darle anche questo potere. Solo l’amore merita il potere. L’odio merita l’oblio“.
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