Si parla spesso della perdita di autorevolezza degli insegnanti. Lo scrittore e giornalista Antonio Scurati, su La Repubblica, ha parlato dei docenti in base alla sua esperienza, raccontando un aneddoto e facendo riferimento alla società degli influencer e dell’apparire.
L’aneddoto
“Come possiamo rispettarla, prof, se viene a scuola con una Punto bianca senza nemmeno gli specchietti in tinta?!”, questo quello che hanno detto alcuni studenti a Scurati anni fa. “L’aneddoto autobiografico mi pare calzante per il seguente motivo: se, nei decenni della contestazione giovanile, quel prestigio fu intaccato da ragioni politico-ideologiche, nei decenni successivi è precipitato per motivi socio-economici. I professori italiani, com’è noto, sono tra i peggio pagati d’Europa e, purtroppo, i figli della nostra società, nella quale il culto del denaro cresce in misura proporzionalmente inversa alla distribuzione della ricchezza, li disprezzano per le utilitarie con cui si recano al lavoro”, ha detto.
“Oggi è l’intera società che sembra remare contro la scuola. A professori malpagati, trascurati, dimenticati, viene affidato nominalmente il compito cruciale di educare, istruire, incivilire le nuove generazioni ma la società, appena fuoriesci dal perimetro dell’edificio scolastico, muove in direzione opposta e contraria minando sistematicamente la loro autorità”, ha aggiunto.
Scurati contro le scelte dello scorso Festival di Sanremo
Scurati ha discusso in merito all’ultimo Festival di Sanremo, durante il quale gli attori di Mare Fuori hanno parlato di violenza di genere e il cantante Geolier, idolo dei ragazzini, è stato votato dalla maggior parte del pubblico: “Innanzitutto, a desautorare gli insegnanti, esponendoli inermi alla proterva aggressività giovanile, contribuisce il populismo estetico. Da tempo i professori italiani vanno perdendo ogni autorità nello stabilire il valore dei prodotti culturali che contribuiscono potentemente a plasmare l’immaginario collettivo, trovandosi costretti a subire e non a guidare le scelte dei loro allievi. Ne ha fornito un esempio inquietante l’ultimo festival di Sanremo quando ai giovani divi di una serie televisiva per teenagers sicuramente diseducativa, e forse addirittura criminogena, è stata attribuita l’autorità morale a trattare un tema sensibile quale quello della violenza di genere recitando un banale testo sull’argomento. Nel frattempo, a decine di milioni di telespettatori di ogni età veniva richiesto di omaggiare un idolo giovanile musicalmente scadente e moralmente dubbio in base al mero criterio del televoto. In questo modo, in sole cinque serate di programmazione, la Rai, incoronando con una forza impareggiabile sottoculture deleterie, invalidava decenni di sforzi da parte di milioni d’insegnanti chiamati a fornire un’educazione estetica e civica ai loro studenti”.
“Da quando gli influencer sono diventati enormemente più influenti degli insegnanti, al populismo estetico si aggiunge, poi, quello sociale. Non c’è, infatti, tema rilevante che non venga, oramai, accaparrato da queste nuove figure il cui scopo prevalente, e spesso unico, è l’autopromozione. Se vogliamo che i nostri ragazzi rispettino i loro insegnanti, dobbiamo rispettarli per primi noi adulti. Quanti di voi, in tutta onestà, potrebbero oggi affermare di apprezzare, rispettare e onorare il lavoro oscuro e luminoso, malpagato e prezioso svolto ogni giorno nelle nostre scuole da un esercito di insegnanti inviati sciaguratamente a combattere su posizioni perdute?”, ha concluso lo scrittore.
Gratteri: il cafone con la Suv è diventato un esempio
Abbiamo parlato di questo tema qualche mese fa, quando il procuratore capo della Repubblica di Napoli, Nicola Gratteri, ha partecipato ad un convegno a Napoli su etica, legalità, economia e ha detto: “Le scuole sono diventate dei progettifici. Ogni anno i dirigenti scolastici fanno a gara per avere il magistrato di grido, la soubrette, per fare la giornata della legalità. Ma non è meglio portare i ragazzi in una comunità terapeutica a parlare con i tossici? O da chi soffre, per formarli? Se non si fa una scuola a tempo pieno se non si fa vedere ai ragazzi che c’è un alternativa alle fiction, che diventano più violente di anno in anno, non andiamo nessuna parte”.
E ancora sui giovani: “Oggi ai ragazzi non bisogna parlare di etica, ma di soldi, solo così i ragazzi ti ascoltano. Bisogna loro spiegare quanto guadagna un corriere della droga, ma anche cosa rischia. Oggi non si conta in base a cosa si è, ma in base a cosa si ha: un insegnante che arriva con una vecchia Fiat Tipo a scuola è visto dai ragazzi come uno sfigato. Mentre il cafone che arriva al pub con il Suv è visto come un esempio”, ha concluso, facendo un paragone.