La scuola, oltre che dal punto di vista normativo, deve cambiare i metodi e ascoltare attentamente le esigenze dei ragazzi che possono trasformarsi in grandi opportunità didattiche.
L’ultima bravata di 22 studenti di Torino ha posto sotto la luce dei riflettori i problemi che derivano dall’uso sconsiderato e inappropriato degli strumenti tecnologici e dei social network da parte dei ragazzi, che sin dalle scuole medie (in realtà anche prima) posseggono uno smartphone e lo portano con sé a scuola utilizzandolo in aula durante le lezioni.
Soffermarsi sul fatto negativo non serve, anche perché è stato già ampiamente trattato questo punto di vista.
Allora perché non valutare altre ipotesi, come quella di utilizzare smartphone, tablet, social network, WhatsApp, ecc.. a scopi didattici?
Si potrebbero inserire appunti, dispense e approfondimenti tramite cloud e cartelle di condivisione, con cui gli insegnanti andrebbero ad ampliare il materiale didattico e renderlo maggiormente fruibile.
Si potrebbe utilizzare Whatsapp o altri servizi di messaggistica e chat per instaurare una comunicazione diretta e in tempo reale fra docenti e studenti, specie in merito alle informazioni di natura organizzativa della scuola.
E’ vero che i dati della ricerca della London School of Economics hanno rilevato che nelle classi in cui il cellulare è stato vietato il rendimento degli alunni è migliorato, ma la stessa università ha evidenziato che oltre il 33% dei ragazzi sempre connessi utilizzano lo strumento a fini didattici, per scambiarsi informazioni con i compagni, passare appunti, ecc..
Questo significa che gli studenti non sono tutti e sempre a caccia di bravate o di svago fine a se stesso.
Si dovrebbe cominciare a ragionare in altri termini, far “entrare” in modo organizzato e strutturato l’utilizzo di smartphone, tablet e social, da un lato per scoprire realmente cosa pensano gli studenti, qual è il loro punto di vista, e dall’altro per integrare questi strumenti all’attività didattica che potrebbero rivelarsi di grande supporto.
Contemporaneamente, sarebbe auspicabile organizzare dei corsi per gli studenti, specie i più giovani, in cui si spieghino una volta per tutte le funzioni della nuova tecnologia digitale, dall’uso consapevole dei social network alle potenzialità professionali che questi portano con dote, provando a riabilitare la reputazione dei nuovi media, troppo spesso demonizzati da genitori e docenti.
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