Secondo una ricerca dal titolo “Earlier smartphone acquisition negatively impacts language proficiency, but only for heavy media users. Results from a longitudinal quasi-experimental study”, condotta della Scuola universitaria professionale della Svizzera italiana (Supsi) e dal direttore del Centro Benessere Digitale di Milano-Bicocca-dipartimento di Sociologia e Ricerca sociale, che ha testato le principali ipotesi teoriche sul ruolo dello smartphone nei processi di apprendimento, l’uso intensivo e precoce degli smartphone nei ragazzini non favorisce l’apprendimento. Anzi, riduce le performance scolastiche di una parte consistente della popolazione studentesca.
La ricerca ha riguardato 1672 alunni compresi nella fascia di età tra 10 e 14 anni, confrontando chi riceve il dispositivo prima dei 12 anni – a 10 e 11 anni – quindi nel passaggio tra primaria e secondaria di I grado, e chi lo riceve negli anni successivi, cioè 12, 13 e 14 anni.
I risultati non mostrano che i partecipanti che avevano abitudini intense di utilizzo dei media prima di possedere uno smartphone (più di due ore al giorno tra Tv e videogiochi) sperimentano un impatto negativo e significativo sull’apprendimento in italiano. Al momento della rilevazione dei dati, gli studenti con uso intensivo degli schermi – e quindi soggetti al possibile effetto negativo dello smartphone – erano il 23,5 per cento della popolazione studentesca italiana.
La letteratura ha dunque individuato una relazione negativa tra precocità d’uso – e quantità d’uso – dello smartphone e risultati scolastici, ma spesso si lamenta l’assenza di evidenze scientifiche più solide delle semplici correlazioni.
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