Categorie: Attualità

La studiosa: lo smartphone sta rovinando i ragazzi americani

Jean M. Twenge, psicologa e docente all’università di San Diego, pubblica sulla rivista Atlantic un’anticipazione del suo libro “iGen” nel quale si descrive una generazione di ragazzini incapaci di concepire la propria esistenza che non contempli l’utilizzo costante di iPhone e similari.

Il sottotitolo del libro è un manifesto assai preoccupante: “Perchè i ragazzi di oggi super-connessi crescono meno ribelli, più tolleranti, meno felici e completamente impreparati alla vita adulta. E cosa significa per tutti noi”.

“Ci sono forti evidenze che i telefoni che abbiamo messo nelle mani dei ragazzi stiano avendo effetti assai profondi nelle loro vite, rendendoli seriamente più infelici”.

Per la ricercatrice, si legge su Agi,  la differenza più evidente sta nel modo in cui trascorrono il tempo visto che nel 2017 tre adolescenti americani su quattro hanno un iPhone. Eppure la loro vita non è migliorata rispetto a quella dei fratelli più grandi. Secondo la ricercatrice la generazione iGen è più fragile psicologicamente e soprattutto ha perso gli aneliti che caratterizzavano i ragazzi che l’hanno preceduta. Innanzitutto il desiderio di indipendenza e di libertà. Gli adolescenti contemporanei escono senza i genitori molto meno di quanto facessero i loro coetanei della generazione precedente.

Se nel 2015 è andato ad un appuntamento il 56% dei ragazzi agli ultimi anni delle superiori, i coetanei negli anni dei Baby Boomers e della Generazione X arrivavano all’85%. E ciò ha inciso profondamente anche nell’attività sessuale, decisamente in calo (-40% dal 1991).

I teenager americani, poi, sembrano aver perso tutto l’entusiasmo per la patente e la prima macchina, sognati negli anni passati come incontrovertibile segno di indipendenza da mamma e papà.

Le ricerche di Twenge descrivono una generazione che sta protraendo i limiti dell’adolescenza: i diciottenni di oggi si comportano come i quindicenni di ieri; i quindicenni di oggi, invece, ne dimostrano tredici.

L’immobilità al chiuso delle loro stanza, però, non determina alcun incremento nello studio: i ragazzi di oggi non sono più diligenti, anzi hanno risultati più modesti e dal 2000 al 2015 il numero dei ragazzi che uscivano regolarmente con gli amici, è calato più del 40%. Quel che impressiona è però il portato complessivo di questo atteggiamento.

 

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I ragazzi iGen non sono più felici dei loro fratelli maggiori, anzi sono decisamente più tristi. Il sondaggio Monitoring the Future del National Institute on Drug Abuse ha stabilito che tra i ragazzi alla fine del liceo quelli che trascorrono più ore con un telefono o un computer sono più infelici di quelli che invece ne spendono di meno. Per la professoressa non ci sono dubbi: le attività davanti allo schermo sono collegate alla tristezza, quelle lontane da uno screen lo sono alla felicità. I giovani in terza media che trascorrono 10 o più ore settimanali sui social media sono più infelici al 56%. Dito puntato, ovviamente, contro Facebook, secondo diversi altri studi presi in considerazione.

Più connessione uguale più solitudine?

Se la promessa, dice Twenge, è quella di connettere più amici e farsene sempre di nuovi, i social media come Facebook stanno rendendo la generazione iGen sempre più sola.

E depressa, visto che secondo uno studio i ragazzi alle medie che fanno un uso massiccio di social media aumentano del 27% il rischio di depressione. Cifre spaventose anche quelle legate ai suicidi: chi trascorre più di 3 ore al giorno su un dispositivo come un telefonino è esposto al rischio 35% di più. Le più vulnerabili sono le ragazze utenti di social media. Rispetto al 2010, nel 2015 il 48% in più delle ragazze ha dichiarato di sentirsi spesso esclusa. La percentuale per i maschi è invece aumentata del 27%. Ma i danni dei telefoni non si fermano qui.

L’abitudine a dormire con il proprio smartphone sotto il cuscino o accanto al letto, controllando durante la notte aggiornamenti e post, ha ripercussioni molto negative sulla qualità e le ore di sonno, con conseguenze anche gravi che si ripercuotono sulla lucidità, sul rendimento a scuola, sull’aumento di peso, sulla pressione sanguigna. Ed indirettamente anche sul rischio di depressione.

Il quadro è disastroso e non usa mezzi termini: la relazione tra depressione e smartphone è talmente evidente che i genitori dovrebbero imporre ai figli di mollare i propri telefoni. D’altra parte, ricorda, anche Steve Jobs obbligava i suoi figli a un uso limitato dell’iPhone che lui stesso aveva creato.

La posta in gioco è troppo alta. Non si tratta solo del modo in cui i ragazzi affrontano un momento difficile come l’adolescenza, ma anche le conseguenze che essa avrà nella loro vita adulta. 

Pasquale Almirante

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