Se con soldi di sponsor famosi si è fatto ristrutturare il Colosseo e altri se ne chiedono per Pompei e siti culturali importanti, perché non farlo per la scuola? Perché non mettere in piedi, finalmente, una piattaforma per cui siano gli Uffici regionali o provinciali a valutare le necessità degli istituti del loro territorio, a parlare con gli sponsor interessati a programmi di un certo tipo e a distribuirne le risorse? Se poi si arrivasse alla defiscalizzazione totale delle donazioni alle scuole auspicata anche dall’ex ministro Maria Chiara Carrozza (ora è al 19%) il quadro sarebbe completo.
Discorso diverso se si pensa di assegnare ai capitali privati un ruolo sostitutivo rispetto ai sacrosanti e tardivi investimenti pubblici. È evidente che il privato potrebbe entrare nell’edilizia scolastica esclusivamente attraverso meccanismi di collaborazione, magari per dedicarsi solo a un certo tipo di interventi. In questo caso, insomma, non può esserci supplenza che tenga.
Lo sostiene Wired.it e si può o meno essere d’accordo, ma il problema rimane: un logo per qualche denaro; anche se si potrebbe arrivare al paradosso di pubblicizzare scuole private dentro la scuola pubblica o panini al burro e maionese nelle aule con educazione alimentare.
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