Chi lavora per lo Stato a livelli di funzionario guadagna in media quasi cento euro in più al mese di un collega del privato: a sostenerlo è Antonio Naddeo, presidente dell’Aran, l’Agenzia per la contrattazione nel pubblico impiego. In un intervento tenuto in apertura del Forum Pa 2023, commentando il nuovo rapporto semestrale dell’Aran sulle retribuzioni dei pubblici dipendenti, elaborati su dati della Ragioneria dello Stato, Naddeo ha sottolineato che i funzionari pubblici guadagnano in media mille euro l’anno in più rispetto ai lavoratori privati.
Secondo il presidente dell’Aran, riporta l’Ansa, “c’è uno storico equivoco sul tema delle retribuzioni che blocca le aspirazioni dei giovani, ma lo voglio dire con chiarezza: non è sempre vero che nel pubblico si guadagna meno che nel privato. Nel 2021 – ha ricordato Naddeo – la retribuzione complessiva media annuale lorda per i funzionari pubblici (ministeri, funzioni locali e agenzie fiscali) è stata di 31,7 mila euro, nel privato gli impiegati con funzioni sovrapponibili hanno guadagnato in media 30,8 mila euro. Qual è l’amministrazione privata che a un primo impiego paga così?”.
“In pratica, un funzionario dei ministeri ha percepito tredici mensilità con uno stipendio medio pari a 1.816 euro netti, nelle funzioni locali lo stipendio medio netto è stato di 1.852 euro, mentre, mentre chi opera nelle agenzie fiscali ha potuto contare su una media di 1.951 euro al mese. Questi dati – ha concluso – non fotografano una situazione immutabile, perché si sta concretamente discutendo per migliorare ancora la situazione, premiando il merito e potenziando i percorsi formativi”.
Secondo Naddeo, che ha auspicato l’istituzione dell’open day della pubblica amministrazione per migliorarne l’attrattività, “oggi non esiste solo il tema delle retribuzioni, ve ne sono altri che possono aiutare ad attrarre i giovani: welfare aziendale, conciliazione tempi vita-lavoro, smartworking e ancora tanto altro. L’obiettivo è valorizzare le persone, ciascuna con il suo ruolo, che costituiscono l’architrave di ogni amministrazione”.
Il problema della scarsa attrattività del lavoro pubblico comunque esiste. Ed è anche molto presente: leggendo i dati di una ricerca, presentata sempre al Forum Pa, nell’ultimo biennio si sono presentati ai concorsi pubblici solo 40 candidati per ogni posto a fronte dei 200 nel biennio precedente mentre tra i vincitori due su dieci rinunciano al posto, percentuale che sale al 50% per i contratti a termine.
Nel complesso, i lavoratori pubblici sono aumentati nel 2022 dello 0,8% arrivando a quota 3.266.180, al livello più alto dell’ultimo decennio.
Nei prossimi dieci anni però andranno in pensione circa un milione di lavoratori e il reclutamento di personale adeguato e motivato sarà centrale per la pubblica amministrazione a partire dalla realizzazione del Pnrr.
L’obiettivo per il 2023 – ha detto il ministro per la pubblica amministrazione, Paolo Zangrillo – è l’entrata nel settore di 170mila persone.
Nel comparto l’età media è ormai di 50 anni, 6,5 anni in media in più rispetto al 2001. Il personale con 55 anni e oltre costituisce il 36,7% del totale e quello con meno di 35 anni è ridotto a circa il 10%, meno della metà rispetto al 2001. “Se vogliamo far diventare la pubblica amministrazione il più grande employer del Paese, ha aggiunto Zangrillo – occorre mettere in campo una cosiddetta strategia di employer branding, che pensi al futuro dipendente come una risorsa da attrarre. Dobbiamo fare in modo che la PA diventi una grande opportunità per tutti i giovani, soprattutto per quelli talentuosi che spesso vedono nel pubblico un posto polveroso e poco dinamico, dove le competenze invecchiano velocemente, la carriera è un miraggio e si rischia di rimanere intrappolati”.
L’aumento delle selezioni e la possibilità di scelta per i candidati di più posizioni, spiega la ricerca e riporta ancora l’Ansa, spinge sempre meno persone ad accettare il trasferimento al Nord, dove l’affitto impegna quasi il 50% dello stipendio di un laureato neoassunto, contro il 18-23% in una città metropolitana del Sud.
Nel 2021 gli assunti per concorso sono stati oltre 150mila, ma l’8,6% era già un dipendente pubblico. Nel 2022 gli assunti sono stati circa 157mila.
“L’indagine evidenzia per il settore pubblico alcuni effetti della trasformazione del mercato del lavoro già emersa nel privato – ha detto Carlo Mochi Sismondi, Presidente di Fpa – da un lato, oggi i lavoratori danno meno importanza al ‘posto fisso’ in favore di aspetti come benessere, motivazione, formazione o lavoro agile. Dall’altro, in una scarsità di personale qualificato, si evidenzia una nuova competizione tra pubblico e privato sui profili tecnici e tra amministrazioni, a causa dell’ingorgo di concorsi”.
E se nel 2022 cresce la spesa totale per i redditi da lavoro dipendente nella pubblica amministrazione, circa 187 miliardi (contro i 177 del 2021), è invece in calo la spesa pro-capite per il reddito dei dipendenti (calcolata a prezzi costanti del 2022, depurata dall’inflazione) che risulta la più bassa dal 2015 con 57,2mila euro, rispetto ai 59mila euro del 2021.