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Lo Stato spende sempre meno per scuola e ricerca

C’è attesa per il Secondo rapporto Eurispes sulla scuola e Università, che sarà pubblicato nel 2023, giusto a vent’anni dal primo.

A questo scopo, nei giorni scorsi l’Osservatorio permanente sulle Politiche educative dell’Ente di ricerca ha organizzato un interessante seminario dal titolo “Scuola e Università per il futuro dell’Italia”, trasmesso da Radio radicale.

Dell’intervento in apertura del Presidente dell’Ente di ricerca, Gian Maria Fara, colpisce che l’Italia spenda per l’istruzione e la ricerca ancora meno dell’ultimo anno del Novecento, ossia il 4% circa del Pil per l’istruzione e lo 0,5% per la ricerca.

Dopo di lui, ha parlato Mario Caligiuri che dirige l’osservatorio citato di cui fanno parte in quota Eurispes, si legge sul sito, i vice Elena Ugolini e Alberto F. De Toni e il segretario generale Benedetta Cosmi. Non si può non condividere la sua constatazione che nei recenti programmi elettorali dei partiti manchi una visione di largo respiro, che tenga ad esempio conto che oggi gli studenti vivono in tre dimensioni: quella fisica, quella virtuale e quella ibrida tra uomo e macchina, mentre l’organizzazione sociale è basata solo sulla dimensione fisica.

Ha ragione poi il Presidente Anvur, Antonio Felice Suricchio quando mette in risalto che bisogna avere maggiore riguardo ai legami tra Scuola, Università e Società.

Vorrei soffermarmi in chiusura sull’intervento del Presidente dell’Invalsi, Roberto Ricci, che ha fatto presente che il 9,7% degli studenti ha concluso la secondaria di secondo grado con le competenze attese al termine della classe terza e che gli allievi fragili sono soprattutto al Sud e Isole, dove sono altresì pochi (5% e il 6% in Calabria, Campania, contro anche oltre il 20% in alcune regioni del Nord) gli studenti che terminano la scuola. con risultati buoni o molto buoni.

Numeri che evidenzierebbero per lui la crisi dell’intera filiera dell’inclusione.

I dati che ha sciorinato, sono serviti a Ricci per spezzare una lancia a favore di un’Invalsi, da anni al centro di polemiche e a possibile rischio chiusura.

Si vocifera infatti che il nuovo Esecutivo voglia porre fine alle prove, che, ha detto Ricci, avrebbero invece contribuito con i propri dati standardizzati a fare destinare le risorse finanziarie principalmente alle regioni del Mezzogiorno e alle scuole con esiti di apprendimento più bassi.

Come è noto, tra i motivi dello stop alle Invalsi, c’è il fatto che la somministrazione delle prove prevede una spesa a carico dello Stato di 8 milioni di euro in una situazione di vuoto legislativo.

Maurizio Braggion

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