I lettori ci scrivono

Lo Straniero avanza

Abituati a vivere il nostro presente nella corsa al futuro credendo che esso possa esaurire il domani, mentre, in realtà, esso si progetta, e l’avvenire accade.

E l’imprevedibile si cura, si affronta prendendosi cura. E l’incertezza dell’accadere dell’imprevisto, che costituisce l’essenza dell’imprevisto, chiede di avanzare e non di fuggire, di tendere una mano, non di ritirarla: e qui mi viene immediato il pensiero alla ingente spesa per i banchi a rotelle, ai tanti “fragili” di cui ci si sarebbe dovuto occupare: i ragazzi che non possono presenziare ogni giorno in remoto, perché mancano i fondi che consenta al loro remoto di essere un presente sincrono, i diversamente abili, le famiglie, ecc. L’imprevedibile si cura, si affronta prendendosi cura.

Già. E forse dallo scorso Marzo avremmo oggi avuto un di più di bus, treni, connessioni, tablet, potenziato laboratori, e quanto ora necessita, ed così non avremmo nemmeno materiale umano curvo su tastiere, o con gli occhi abbagliati dalla luce di uno schermo, oppure ricurvi tra libri e ancora tasti e tasti per preparare le conoscenze, gli apprendimenti, disillusi di competenze (perché gente concreta e realista, quella dei docenti), concludendo il lavoro nello scrivere fiumi e fiumi di carta che tanto porta al luogo della soluzione finale, forse scontata ma giustamente taciuta. Per adesso.

E tutto sui binari di una autonomia che permette ancora una volta di deliberare circolari che se non rispettate offrono il fianco già ferito, testimone di una autorevolezza che come sempre si cosparge di onnipotenza. Unica verità è che la Scuola è in DAD o in DDI che si voglia, e liberamente tratta dall’autonomia di chi la dirige, il cui filo conduttore sono le linee guida del Miur. E poi liberi tutti.

Tutte scelte stupide che denotano, non una confusione, bensì una non conoscenza e non competenza, con al sottofondo il ripetersi del refrain, la cui ultima firma da parte di alcune Sigle Sindacali hanno messo a sottacere. Il nostro refrain, di noi operatori diretti, brontoloni, ma taciti, come gli schiavi in Egitto nel costruire la Città di Ramses, in attesa del Liberatore: un altro Unto che ci liberi. E il tutto sullo spartito retorico della non chiusura del luogo della formazione umana fondata sulle relazioni plastiche. Ma la Scuola è in DAD o DDI che si vuole. Con tutte le contraddizioni del caso.

Qualcuno adesso vorrebbe che si procedesse nell’elencare quanto non è stato ancora recriminato, soprattutto dal punto di vista dell’economia famigliare e/o personale, visto poi che le ore trascorse asincronamente vengono tutte sommate ai 15 minuti mancanti ai 45 di ogni appuntamento di lezione. Peccato, ancora una volta, che quei 15 minuti sono in realtà pomeriggi e sere piene, mentre battono pugni le merendine e la cena, e magari forse un attimo di presenza affettiva al nucleo famigliare, e personale: Abbiamo una vita personale anche noi professori.

E intanto lo straniero avanza, o appare appena rallentato nella sua corsa. E presto sarà Natale.
Ci vogliono forse rubare anche il Natale, lasciandolo al ricordo della memoria della nostra infanzia, dichiarando che esso è un evento spirituale (religioso), cui luogo è appunto l’intimo della persona. Peccato che Natale è sempre comunque Natale.
E chissà magari forse i miracoli ancora possono accadere. Il nostro? Lascio ad ognuno il suo.

Il mio quello di un presepe ricco di ragazzi che si rincorrono, tra palle di neve lanciate confusamente, rughe di saggezza che non celano il sorriso della tenerezza che dice del bambino nascosto dietro esse.
Non è un Libro Cuore, il mio miracolo. Ma è La Scuola. Riflesso o immagine della Vita. Non Sincrona, nemmeno Asincrona. Ma di pensiero libero come il soffio del vento, dalle ali schiuse su orizzonti aperti in spazi di libertà e umanità.

Questa è la (mia, e spero Vostra, nostra) Scuola.
E nessuno ce la potrà rubare. Mai. Nemmeno lo Straniero. Qualunque sia il suo nome. Qualunque sia il suo Volto.

Mario Santoro

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