L’oggetto del contendere è dunque la riduzione dell’orario settimanale da 30 a 27 ore (con adozione della settimana corta) per tutte le classi della scuola primaria, deliberata dal consiglio d’istituto ad inizio 2012 e valevole per il successivo anno scolastico. Ma la decisione è ritenuta “illegittima”da un gruppo di genitori che ricorre al Tar il quale a sua volta, con sentenza 523/2013, ha accolto le istanze dei ricorrenti “con riferimento all’orario delle classi intermedie”, affermando che l’applicazione dei nuovi modelli orari “è immediata per le prima classi”, mentre “per le classi successive, si garantisce la continuità dell’organizzazione didattica rispetto ai modelli anteriori alla riforma, mantenendoli dall’anno scolastico 2009/2010” e fino “alla graduale messa a regime”.
Il parere del tribunale amministrativo non ha però placato gli animi e la preside ha disposto in data 05/04 il ripristino del precedente orario scolastico solo per le classi dei figli dei ricorrenti (due terze elementari). Tuttavia il provvedimento, stando ad alcuni genitori, non avrebbe trovato piena attuazione neanche nelle due classi. I genitori “non ricorrenti”, infatti, hanno chiesto e ottenuto dalla dirigente di prelevare i figli un’ora prima del dovuto, nei giorni pari. Il tutto mediante un permesso depositato in segreteria. Pertanto, a oggi, il monte delle trenta ore settimanali sussiste, in pratica, solo per i figli dei genitori che si sono opposti alla riduzione dell’orario scolastico.
La Flc-Cgil ha tale scopo e visto il rilievo che si sta dando alla notizia ha emanato il seguente comunicato:
Genitori divisi, bimbi delle elementari confinati in classe, a volte persino senza compagni, ma soprattutto una sentenza del TAR sul “tempo scuola” eseguita solo parzialmente dalla dirigente scolastica. Con la precisa conseguenza di trattare in maniera diseguale gli studenti, e con conseguenze dirette per i figli di coloro che al Tar, hanno fatto ricorso. E’ una storia quantomeno imbarazzante, finita già sul tavolo della Procura della Repubblica, quella dell’Istituto “Allegra” di Valverde raccontata stamattina dalla Cgil e dalla Flc Cgil, i cui rappresentanti hanno già segnalato il caso anche alla Prefettura. Il sindacato chiede il rispetto delle regole.
Presenti il segretario generale della Camera del lavoro Angelo Villari, il segretario confederale Giacomo Rota, il segretario della Flc Cgil Sicilia Giusto Scozzaro e quello della Flc Catania, Antonella Distefano, e l’avvocato dei ricorrenti, Toti Spataro.
Ma in ballo oramai non c’è più solo il caso particolare di una scuola della provincia etnea. Il pronunciamento del Tar rende evidente le forzature di un sistema scolastico siciliano che pur di ricorrere alla settimana corta, che prevede 30 ore settimanali, e non 40, è disposto a sacrificare ore di lezione fuori da quanto stabilito dalla legge, restringendole addirittura a 27. Tutto questo mentre gli alunni del centro e del nord d’Italia frequentano solitamente 40 ore a settimana. Le conseguenze? Basta farsi quattro conti: in cinque anni sarebbero 2145 ore in meno. E conseguenziali tagli di posti in organico in un ambito in cui i precari della scuola cercano, al contrario, nuove occasioni di lavoro.
“Per la Cgil è una battaglia di principio”, ha detto Villari. “Su questa vicenda, oltre ad offrire supporto ai ricorrenti, sosterremo una battaglia affinché il diritto al tempo pieno venga rispettato ovunque, in particolare a Valverde”. Rota ha sottolineato “come sia profondamente ingiusto imporre una sofferenza frutto di discriminazione ai bimbi e alle famiglie, e come sia profondamente sbagliato che un dirigente scolastico, ovvero un funzionario dello Stato, dia un esempio di come in questa Italia le regole non si rispettino. Pronti a trovare qualunque soluzione pur di eluderle”. Dalla Flc Cgil di Catania, per bocca di Antonella Distefano, arriva un appoggio pieno ai genitori ricorrenti di Valverde e alle loro battaglie, mentre secondo il segretario regionale Giusto Scozzaro, la cornice entro la quale inquadrare la vicenda è addirittura nazionale: “Da anni segnaliamo la necessità che i nostri bambini godano dello stesso numero di ore scolastiche dei loro coetanei lombardi o piemontesi. Siamo per il tempo lungo ed adeguato, affinché negli anni non si accumulino differenze di rendimento. E perché no, anche per offrire qualche posto di lavoro in più ai docenti precari. Abbiamo criticato prima la riforma Moratti e poi quella della Gelmini, ma oggi con questa paradigmatica vicenda della scuola di Valverde le ore scendono addirittura a 27, anziché alle trenta previste. Le mamme si sono rivolte alla magistratura che ha dato loro ragione. Risultato? Sentenza elusa. Figli delle ricorrenti emarginati in classe perché la dirigente permette agli altri genitori di prelevarli anzitempo. Una storia tipicamente “all’italiana” che fa riflettere. Chiariamo pure che non si tratta di norme derogabili né dalla scuola, né dai singoli genitori. Non si tratta di un referendum”.
Il “caso Valverde” parte infatti dall’applicazione solo parziale da parte della dirigente, di una sentenza del Tar sul “tempo scuola” . Il Tar ha obbligato la scuola a rispettare il monte delle trenta ore (e non delle 27 come era stato predisposto dall’istituto) a seguito del ricorso di due genitori che hanno scelto di non privare i propri figli, così come prevede la legge, di preziose ore di studio, seppur condividendo la formula della settimana corta, che sfocia come in tante scuole nel sabato libero. Settimana corta che può essere attuata non certo tagliando ore preziose, ma ricorrendo, per esempio, a qualche rientro pomeridiano o ad altre soluzioni alternative. Oggi i genitori ricorrenti si trovano isolati, così come i loro figli e le classi di appartenenza. Eppure, anche una recentissima nota ministeriale specifica che la sentenza va applicata, uguale per tutti, nel rispetto della legge e del diritto allo studio.
Ma c’è di più. A fare le spese di questo caos sono proprio i piccolo studenti: nei giorni di martedì, giovedì e sabato, in III A resta infatti in classe – in condizione di sostanziale emarginazione – solo il figlio di una delle ricorrenti e nella III C ne restano solo una decina, altrettanto “emarginati”. Il tutto aggravato dall’impossibilità da parte dei docenti delle due classi di svolgere, in quell’ora, una regolare attività didattica, per come dovuta
La dirigente non ha esitato ad accordare ed autorizzare le richieste di massa di molti genitori delle due terze, di far uscire i loro figli comunque alle ore 12,30, nei giorni pari, accettando una richiesta di uscita anticipata permanente fino alla fine dell’anno. Si tratta, nei fatti, di una defezione “autorizzata” alla esecuzione – sia pur parziale– della sentenza. A nulla sono valsi i reclami presentati all’Ufficio scolastico provinciale e regionale, né la nota ufficiale del Ministero. Secondo la Cgil e la Flc Cgil, inoltre, la dirigente scolastica, che nel corso del giudizio al TAR non ha mai formalmente dichiarato e dimostrato l’insufficienza di organico, ha inoltre prospettato di contro un preoccupante ma illogico meccanismo di perdita di posti di lavoro per gli insegnanti della scuola, a fronte di un tempo scuola che in realtà dovrebbe essere più ampio.
I giovani sono sempre più “schiavi” dei social media. Tanto che, sulla scia di quanto…
Dall'11 dicembre 2024 e fino alle ore 23:59 di lunedì 30 dicembre 2024 sarà possibile…
Pare che proprio alle ore 10,21 esatte di oggi, 21 dicembre, sia entrato, bene accolto, il…
In questi giorni è diventata virale sui social la lettera di un docente, pubblicata sul…
Una vicenda alquanto contorta è avvenuta a Catania quasi un mese fa, resa nota soltanto…
Tfa Indire, a che punto siamo? Si attendono con ansia ulteriori novità relative ai percorsi…