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Lo studente: a scuola studiamo i babilonesi, zero su quello che accade in Siria. La risposta della ministra Fedeli

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Su La Stampa del 20 aprile, Mattia Feltri, curatore della rubrica “Il Buongiorno” aveva parlato del dibattito riguardo la storia e l’attualità. Bernard Dika, studente toscano, aveva riflettuto così sui programmi ministeriali: “Studiamo gli assiri e i babilonesi e poi accendiamo la tv e ci accorgiamo di non sapere nulla di quello che succede in Siria o in Medio Oriente”. Il giornalista, sulle colonne del giornale piemontese, aveva risposto così: “La scuola non spiega ai ragazzi la contemporaneità (quello lo fanno tv e giornali, e se non ci si fida di tv e giornali ci sono approfondimenti a migliaia su Internet, o addirittura nelle biblioteche e nelle librerie) ma piuttosto gli dà le basi necessarie per comprenderla. La scuola non informa, istruisce”.

 

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Arriva, sempre su La Stampa, la risposta della ministra dell’Istruzione, Valeria Fedeli: “Non ho mai detto di voler rivedere i programmi scolastici eliminando da questi lo studio della storia degli Assiri, dei Babilonesi e dei Sumeri. Sono invece convinta che sia necessario proseguire nello studio della Storia e non interrompere i programmi scolastici alla Seconda guerra mondiale. Agire in questa direzione è giusto e doveroso”.

[…] “Sono convinta anche che la nostra qualificata classe docente riesca a trasmettere in maniera adeguata questa concezione, ovvero il fatto che
la Storia, la Geografia, la Matematica e l’Italiano non sono discipline da incasellare nell’orario del diario di un’alunna o di un alunno, ma percorsi di studio e di costruzione dell’identità e della cultura di persone che devono potersi muovere nella società opportunamente formate”.

[…] “L’obiettivo che ci siamo prefissati e che stiamo portando avanti è quello di istruire generazioni di cittadine e cittadini protagonisti del proprio tempo. Formati e informati. In grado di riconoscere la differenza tra questi due termini. Curiosi, determinati a conoscere a fondo. Inarrestabili in questo loro desiderio. Perché la conoscenza rende liberi”