Certo che leggendo l’articolo “Briatore: “I falegnami mandano i figli a scuola, così questi mestieri spariranno. Mio figlio? Niente università o va via di casa” sulle prime si può rimanere interdetti. Poi però a pensarci bene si può pure arrivare a dargli ragione.
Lo illustro con un esempio: anni fa ebbi un allievo alquanto scadente, prima rimandato poi bocciato. Quando gli chiesi: “ma tu cosa vuoi fare nella vita?” mi rispose sicuro: “il tappezziere. Mi piace armeggiare con imbottiture e rivestimenti”. Lasciò la scuola e non ne seppi più nulla. Anni dopo per caso lo reincontrai e mi disse che aveva realizzato il suo sogno, aprendo un laboratorio di tappezzeria in fine. Serviva una clientela di livello medio-alto e quando seppi cosa riusciva a guadagnare gli risposi con piena convinzione: “beh, hai fatto bene a lasciare la scuola!”. E lui mi confermò che da parte sua non si era mai pentito di averla lasciata.
Che morale ho tratto da questa storia? Che è inutile e sadico obbligare a studiare chi per lo studio non è fatto e onestamente lo riconosce. La natura ci crea diversi e svariati: alcuni predisposti a diventare medici, ingegneri, avvocati, altri predisposti a diventare tappezzieri, idraulici, meccanici, imbianchini, panettieri, ecc. Siamo noi che roviniamo tutto quando pretendiamo che chi è predisposto per fare il tappezziere, l’idraulico, il meccanico, l’imbianchino, il panettiere faccia per forza il medico, l’ingegnere e l’avvocato (il più delle volte peraltro senza riuscirci).
Daniele Orla