Potrebbero essere sovvertite dai giudici le decisioni prese dai docenti che lo scorso mese di giugno non se la sono sentita di ammettere alla classe successiva uno o più alunni per via della loro scarsa o nulla partecipazione alla didattica a distanza svolta nei tre mesi finali dell’anno scolastico.
Il ribaltamento di decisione si è verificato, intanto, per un alunno di una scuola di Saluzzo, in provincia di Cuneo, che era stato bocciato dal Consiglio di Classe proprio a seguito della “scarsa partecipazione alle attività didattiche in via telematica” e per il “poco impegno” nello svolgere i compiti impartiti dai docenti.
A mandare avanti di un anno il ragazzo – dalla prima alla seconda media – è stato il Tar del Piemonte, che ha in tal modo accolto il ricorso dei genitori.
Il rendimento dell’alunno era sì “peggiorato nel secondo quadrimestre – si legge nella sentenza – a causa della scarsa partecipazione alle attività didattiche in via telematica e del poco impegno nello svolgimento dei compiti a casa”, ma ciò non è stato ritenuto così grave, dai giudici, per giustificare il mancato passaggio alla classe successiva.
L’avvocato della famiglia del ragazzo, Paolo Botasso, ha impostato la sua linea sulle indicazioni dell’ordinanza ministeriale del 16 maggio 2020, sottolineandone il “carattere eccezionale” dettato dalla “sospensione delle lezioni ‘in presenza’ dovuta all’emergenza Covid-19”.
Inoltre, il ministero dell’Istruzione aveva previsto, per l’anno scolastico 2019-20, che gli allievi fossero promossi anche in presenza di insufficienze in varie materie, fatta salva la predisposizione di piani personalizzati di apprendimento (cosa che la scuola ha fatto nei giorni scorsi dopo una intimazione del Tar).
Una circostanza, quella del mancato allestimento del piano personalizzato di apprendimento, che ha fatto evidentemente spostare la bilancia dalla parte delle ragioni del ragazzo.
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