Si continua parlare di Ius Scholae, ossia della possibilità di far ottenere la cittadinanza italiana agli alunni, anche non nati in Italia, dopo aver frequentato un certo numero di anni di scuola in Italia. Il dibattito si è rinforzato dopo l‘apertura da parte del leader di Forza Italia Antonio Tajani, mentre gli altri esponenti del Governo, di Lega e Fratelli d’Italia, sembrano essere perlopiù contrari.
Come abbiamo scritto, il ministro dell’Agricoltura Lollobrigida, al meeting di Rimini, è stato alquanto vago: come riporta Ansa, prima ha detto: “Durante l’Impero romano non si diventava cittadini romani d’emblée, ma per amore, per quello che rappresentava Roma all’epoca. Noi crediamo che uno possa diventare cittadino semplicemente con un percorso in cui possa dimostrare l’amore per questa terra, non c’è niente di male”.
Poi ha aggiunto: “Crediamo che le regole che esistono – ha concluso – siano delle regole importanti, forti, ma che permettono tranquillamente di acquisire la cittadinanza, di potersi rapportare con gli altri senza dover fare delle scelte che invece possono pregiudicare questo tipo di aspetto e valore”.
La questione dello Ius Scholae, che potrebbe trasformare una parte significativa di questi studenti in cittadini italiani, è di estrema attualità. Secondo un’elaborazione di Tuttoscuola, i potenziali beneficiari sarebbero circa 560 mila. Di questi, oltre 300 mila potrebbero ottenere la cittadinanza italiana già nel primo anno di applicazione della legge, mentre gli altri la otterrebbero nei successivi quattro anni. Questo rappresenterebbe circa il 7% della popolazione scolastica totale e l’1,2% degli aventi diritto di voto.
La distribuzione geografica dei nuovi cittadini sarebbe però disomogenea: 5 su 6 risiedono nel centro-nord, con meno del 15% nel Meridione.
La stima di Tuttoscuola si basa sull’ipotesi che lo Ius Scholae venga concesso a chi ha completato l’intero primo ciclo del sistema scolastico italiano, fino alla terza media. Nel primo anno, i potenziali beneficiari includerebbero gli studenti stranieri della terza media e delle scuole superiori, oltre ai frequentanti dei percorsi di istruzione e formazione professionale (IeFP) gestiti dalle Regioni. Si tratta di circa 310 mila ragazzi solo nel primo anno.
Negli anni successivi, considerando un quinquennio, altri 249 mila alunni potrebbero beneficiare della nuova legge, portando il totale dei “nuovi italiani” a circa 560 mila entro cinque anni. Questo scenario dipende tuttavia dall’approvazione del Parlamento, che ha il potere di cambiare il destino di centinaia di migliaia di giovani.
Ai lettori della Tecnica della Scuola vogliamo chiedere se sono d’accordo o meno sulla proposta di Forza Italia. Secondo voi sarebbe corretto e giusto estendere la cittadinanza italiana agli studenti che hanno completato un ciclo di studi in Italia?
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