La Tecnica della Scuola ha intervistato il Presidente dell’associazione “Proteo Fare sapere” Gennaro Lopez, che ha espresso il suo punto di vista in merito al Bonus di 500 per l’autoformazione, sottolineando la strumentalizzazione di alcuni enti di formazione, che stanno mettendo in atto delle azioni di marketing piuttosto aggressive.
Il bonus da 500 euro spendibile dai docenti di ruolo fa gola a molti enti di formazione, che creano azioni di marketing al limite dell’accettabile, non pensa che questo fatto possa essere strumentalizzato?
La strumentalizzazione sta nelle cose. Era largamente prevedibile (e – penso – previsto e voluto da chi ha pensato la norma) che un bonus spendibile individualmente dal singolo docente attivasse dinamiche di mercato non esattamente compatibili con le migliori finalità di crescita professionale e culturale che dovrebbero caratterizzare le attività di autoformazione.
In diverse scuole stanno pensando ad organizzare corsi di formazione per i docenti, la cui frequenza sarebbe obbligatoria. Tali corsi sarebbero pagati dagli stessi docenti utilizzando il bonus di 500 euro ricevuto ad ottobre. Ritiene corretta tale procedura?
La procedura è decisamente scorretta se applicata alla formazione che ogni istituzione scolastica autonoma è tenuta ad organizzare per legge: quella formazione va finanziata senza alcun dubbio dall’istituzione. Altra considerazione merita, invece, la proposta (pure avanzata da alcuni) che laddove un gruppo di docenti promuova, sulla base di proprie motivazioni, iniziative collettive di formazione presso la propria scuola, ciascun docente provveda al finanziamento per la propria quota-parte: in questo non vedo nulla di scandaloso; mi pare, anzi, un modo per arginare in qualche misura la dilagante concezione individualistica e privatistica della formazione (e della scuola).
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Il comma 124 della legge 107/2015 rende la formazione in servizio dei docenti di ruolo obbligatoria, permanente e strutturale. Secondo Lei di quale formazione avrebbe più bisogno il corpo docente della scuola pubblica italiana?
Credo che la formazione in servizio, così come prevista dalla legge, debba aderire il più possibile al piano triennale dell’offerta formativa che ogni istituzione scolastica è chiamata ad elaborare e ad aggiornare di anno in anno. Ciò detto, ritengo che ci siano alcuni “campi” della formazione che riguardano la complessiva professionalità dei docenti, da considerare imprescindibili. Penso alle didattiche (certamente quelle disciplinari e interdisciplinari, ma soprattutto quelle laboratoriali), alla valutazione (in particolare quella delle competenze, con relativi strumenti e tecniche), a tutto ciò che attiene alla comunicazione e alle dinamiche relazionali (la “gestione della classe”), all’educazione alla cittadinanza attiva, all’aggiornamento sulle più recenti elaborazioni negli ambiti della pedagogia, della psicologia, delle neuroscienze.
Secondo il suo punto di vista il merito dei docenti dipende essenzialmente dalla loro continua formazione e dalle esperienze formative già ricevute?
Il merito dei docenti sta nel saper essere docenti. Non vuole essere una battuta, ma semplicemente un richiamo alla necessità che la valutazione dei docenti sia connessa unicamente (sottolineo: unicamente) alla loro professionalità. Però temo che i meccanismi di valutazione introdotti dalla Legge 107 vadano in tutt’altra direzione, col rischio concreto che vengano introdotti criteri arbitrari, tali da minare alla base quello spirito di collegialità cooperativa, senza il quale ogni istituzione educativa rischia di smarrire il senso delle proprie finalità.
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