Per mettere insieme i tre miliardi promessi, il ministro Lorenzo Fioramonti avrà bisogno di molta fortuna e anche di una buona dose di fantasia.
La fortuna gli servirà per convincere la Ragioneria Generale dello Stato che tre miliardi sono davvero indispensabili, mentre con un po’ di fantasia potrebbe riuscire a trovare da qualche parte risorse già stanziate negli anni passati e non ancora del tutto spese.
E’ quello che potrebbe accadere, per esempio, con i fondi per l’edilizia scolastica: un anno fa Bussetti parlava di una disponibilità già accertata di 7 miliardi, mentre a inizio 2019 dichiarava di aver disposto accrediti alle Regioni per un totale di 5 miliardi circa.
Un po’ di soldi, quindi, ci sono ancora e potrebbero essere esattamente quelli di cui ha parlato pochi giorni fa Fioramonti che così potrebbe mettere nel conto dei tre miliardi anche quelli già stanziati in passato ma non ancora spesi.
Per intanto quello che ormai appare quasi sicuro è che il programma di estensione del tempo pieno al sud subirà un arresto, mentre sul disegno di legge Azzolina per contrastare le cosiddette classi pollaio potrebbe essere posta una pietra tombale una volta per tutte.
I sindacati, per parte loro, chiedono un investimento straordinario di 17 miliardi per i prossimi 10 anni anche perché – dicono – non mancano quasi ogni giorno le affermazioni da parte del Ministro dell’Istruzione e del Presidente del Consiglio circa la necessità di realizzare cospicui investimenti pluriennali e strutturali nel settore dell’istruzione e ricerca.
Un investimento di tale entità potrebbe consentire secondo i sindacati di costruire nuove scuole, ridurre significativamente il numero di studenti per classe, aumentare il tempo pieno nella scuola primaria e prevedere le relative misure di supporto
(mense, trasporti, ecc..), oltre che di ampliare le dotazioni organiche del personale docente e ATA.
Difficilmente basteranno però fortuna e fantasia per risolvere il problema delle risorse contrattuali.
Le risorse disponibili al momento nella legge di bilancio – sottolineano ancora i sindacati – consentirebbero per i lavoratori del comparto “Istruzione e Ricerca” un aumento inferiore a 80 euro mensili ben lontano dall’aumento a “tre cifre” promesso a più riprese.
“Inoltre – sottolineano i sindacati (la nostra testata lo aveva segnalato già da molto tempo) – poiché gli stanziamenti per il rinnovo contrattuale sono comprensivi dell’elemento perequativo attribuito ad oltre il 40 per cento dei lavoratori del comparto, l’aumento medio mensile si riduce a circa 70 euro”.
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