Una ricerca condotta di recente da Gianluca Argentin, sociologo della Bicocca di Milano, da Gianpaolo Barbetta, docente di politica economica dell’Università Cattolica e da Elisa Manzella, ricercatrice all’università di Brescia, getta nuova luce sui meccanismi sottostanti le attività di orientamento che si svolgono nella scuola secondaria di primo grado.
Secondo molte ricerche svolte fino a questo momento – spiegano i tra studiosi – il consiglio orientativo è distorto in base a diversi fattori (origini sociali, genere e background migratorio).
“Ad esempio – spiegano – a parità di rendimento scolastico, il percorso liceale sarà suggerito meno di frequente a uno studente con background migratorio o di origini sociali più modeste, così come a una studentessa sarà meno raccomandato un percorso di studi nelle discipline Stem”.
Con la loro indagine, Argentin, Barbetta e Manzella hanno provato anche a valutare la possibilità di migliorare il consiglio grazie a una specifica azione di informazione rivolta agli insegnanti.
Con un esperimento mirato, che all’inizio dell’anno scolastico 2021/22 ha coinvolto 196 scuola in tutta Italia, i ricercatori hanno chiesto ai docenti di esprimere consigli orientativi per un insieme composito di studenti accomunati da un livello medio di apprendimento ma diversi per origini sociali, background migratorio, genere e interesse per le discipline umanistiche o tecniche scientifiche.
Come era facile aspettarsi, sono state rilevate distorsioni significative nei consigli orientativi.
Per esempio, “gli insegnanti hanno formulato consigli che tengono conto delle origini sociali: se gli studenti appartengono alla classe sociale superiore (figli di professionisti, grandi imprenditori, ecc.) si vedono consigliare il liceo con una differenza di 20 punti percentuali in più rispetto ai compagni provenienti dalla classe operaia”.
E non solo: “La distorsione è ancora più marcata per gli studenti con cittadinanza non italiana. Per quanto riguarda le studentesse, confrontate con gli studenti, è emersa soprattutto la tendenza a suggerire loro indirizzi disciplinari non Stem: ad esempio, la probabilità per una ragazza di vedersi orientare verso un tecnico elettronico è di 20 punti percentuali inferiore a quella dei maschi”.
Successivamente, tra ottobre e novembre 2022, prima che i consigli orientativi venissero comunicati agli studenti, ad un gruppo “sperimentale” è stata proposta una attività di carattere formativo (5 ore on line).
Durante il corso, ai docenti sono state date informazioni sui processi di riproduzione delle diseguaglianze nelle opportunità educative, accompagnate da raccomandazioni su come evitare le distorsioni, accrescendo così la consapevolezza al riguardo.
A questo punto è stato “misurato” l’effetto dell’intervento, confrontando gli insegnanti del gruppo sperimentale con i docenti del gruppo di controllo.
Il risultato della ricerca è davvero interessante perché è stata osservata una riduzione significativa delle distorsioni.
Scrivono i ricercatori: “Nel gruppo sperimentale vengono indirizzati al liceo più studenti della classe operaia rispetto al gruppo di controllo (+13,8 per cento). L’effetto della formazione è chiaramente visibile anche nel percorso di studi professionale: gli studenti provenienti dalla classe operaia vi vengono indirizzati di meno, con un calo del “pregiudizio” del 9,4 per cento. Anche guardando ai micro-indirizzi liceali ritroviamo la stessa tendenza”.
“Il nostro studio – concludono – conferma che i consigli orientativi degli insegnanti risultano distorti sulla base delle caratteristiche ascritte agli studenti. Al contempo, anche una formazione leggera, come quella da noi proposta, può essere efficace per cambiare la situazione. Sembra che la consapevolezza degli insegnanti rispetto ai meccanismi di riproduzione delle diseguaglianze sia una leva promettente per ridurre quella parte che può essere attribuita al loro operato. Sviluppare su larga scala proposte di formazione on line per gli insegnanti chiamati a formulare il consiglio orientativo non sarebbe difficile e nemmeno costoso, ma serve volerlo fare, per promuovere davvero il merito in condizioni di pari opportunità”.
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