Attualità

L’orientamento va costruito sulla base delle attitudini e dei talenti

Una delle domande che, di solito, rivolgo ai genitori durante gli incontri di orientamento riguarda la loro percezione del valore della conoscenza, della formazione, delle competenze che la scuola è chiamata a far maturare ai ragazzi sin da adolescenti. “Siete convinti, cioè, che la scuola è, assieme alla famiglia e al tessuto sociale, il cuore formativo per i vostri figli?”.

Un modo per condividere, per ragionare assieme, per fidarsi, per costruire scelte plausibili e cariche di futuro.

Poi, scendendo nello specifico delle passioni e talenti, cercare quel dialogo perché, al dunque, la scelta o l’opzione possibile di scuola superiore sia la più in linea possibile con le attitudini e la preparazione di base di ogni ragazzo.

Compito della scuola, dei presidi e dei docenti, è riconoscere, dunque, la centralità di ogni studente, delle sue aspirazioni mediate dalla sua preparazione.

Per queste ragioni, l’orientamento va ripensato. Oltre il fumo delle vetrine e degli open day.

Il vero orientamento dovrebbe superare definitivamente il vecchio pregiudizio, figlio di Leibniz, secondo il quale la cultura deve liberare dal lavoro, denigrando così il lavoro manuale, i laboratori, le officine, le botteghe artigiane, quelle che hanno reso l’Italia il secondo Paese manufatturiero dell’Ue dopo la Germania.

L’orientamento, quindi, va costruito, giusto ripeterlo, sulla base delle attitudini e dei talenti.

Perchè gli errori fatti a 13-14 anni difficilmente potranno essere corretti. Ai ragazzi e ai genitori alcune cose, però, le possiamo dire da subito. Anzitutto, che i risultati scolastici delle scuole medie non possono indicare con evidenza le capacità e l’intelligenza.

Perché non sempre i ragazzi hanno la “fortuna” di incontrare docenti capaci di “entusiasmarli”, facendo emergere cioè le passioni. In secondo luogo, dobbiamo sempre ricordare che le intelligenze sono diverse, e non è detto che le didattiche adottate siano riuscite a cogliere l’“inter-esse” di tutti gli studenti, a mettere a frutto cioè i talenti comunque presenti.

Pari dignità, perciò, tra le diverse forme di intelligenza, dunque tra tutti i ragazzi in quanto persone, e tra tutti gli indirizzi di studio, come tra tutte le occupazioni e professioni. Senza quelle divisioni radical chic che si continuano a registrare nei conversari e nei giudizi di presentazione di alcune scuole medie: i bravi ai licei, i meno bravi ai tecnici, e tutti gli altri ai professionali e ai cfp. A prescindere dai talenti e dalle attitudini. Snobismo smentito ogni giorno dai dati reali.

Come scegliere, e cosa scegliere, dunque? Un consiglio che mi sento di dare è questo: fare in modo che tutti gli studenti tocchino con mano, negli stages o nei momenti di “scuola aperta”, la realtà di tutte le scuole, senza badare ai pareri dei propri docenti, genitori, amici/che.

Di tutte le scuole, non di alcune. Toccare con mano, dunque. Ed una volta toccate con mano, rivedere e discutere, assieme ai genitori e ai docenti, le proprie impressioni. L’importante è non seguire la moda, il vento delle opinioni altrui, idee più o meno ballerine.

Pari dignità vuol dire che tutti gli indirizzi delle scuole superiori sono buoni. E sarà compito di tutte queste scuole fare bene il proprio lavoro. Ma ciò che conta è il futuro dei nostri ragazzi.

Senza dimenticare, infine, che ogni scelta andrà poi calibrata, a medio e lungo termine, con il profilo di “occupabilità” di ogni titolo di studio, vera cifra del tempo che stiamo vivendo. Perché non è pensabile che la scelta di un indirizzo di studio venga fatta al buio rispetto al possibile sbocco occupazionale.

Gianni Zen

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