Lumia (Pd): “Buona Scuola errore imperdonabile. Tre misure per riformarla” [INTERVISTA]
Qualcuno nella direzione nazionale del Partito Democratico ha proposto di sostenere dall’esterno un governo del M5S. Si tratta dei dirigenti che fanno riferimento al governatore della Puglia Emiliano e fra questi l’ex Senatore siciliano Beppe Lumia, già presidente della Commissione Antimafia.
D.: È realmente possibile secondo Lei?
R.: So bene che non è per niente facile ma non bisogna rinunciarci a priori. È necessario innanzitutto far comprendere al Partito democratico, come ho spiegato in Direzione nazionale sul ‘dopo voto’, che non bisogna ritirarsi nell’Aventino. L’Aventino è un errore che può diventare tragico per il PD e per il Paese. Visto che nessuno ha una maggioranza a priori così neanche il PD si deve relegare in una opposizione aprioristica nè tantomeno può fare la scelta innaturale di sostenere un governo di centrodestra. Le distanze ideali e programmatiche sono troppe e incolmabili. Anche con il M5S le distanze sono elevate ma, a ben riflettere, non incolmabili. Bisogna avere da entrambe le parti il coraggio e la lucidità di aprire un confronto e verificare la reale disponibilità del M5S a mettersi in gioco e a trovare una possibile convergenza su quei nobili contenuti che servono a cambiare il Paese, a cambiarlo radicalmente e al meglio. D’altra parte molti elettori del PD hanno votato M5S per cui adesso bisogna mettere da parte la stagione degli insulti reciproci e degli scontri all’arma bianca per collocare al centro del dialogo il bene comune e l’interesse del Paese.
Naturalmente anche M5S deve spogliarsi dell’approccio integralista e, per molti versi, arrogante e pressapochista e comprendere che in democrazia l’accordo nobile e trasparente non è un limite ma una risorsa. M5S ha la responsabilità di mettere sul tappeto le proposte che ha avanzato in campagna elettorale con tanto di copertura di bilancio perché in Parlamento, a differenza che in campagna elettorale, le leggi devono avere una base finanziaria di bilancio rigorosissima per essere approvate semmai si potesse disporre, in sede di approvazione, di una maggioranza numerica. Un dialogo preliminare può stabilire o meno la possibilità di un accordo alla luce del sole con un sostegno esterno che metta al centro la qualità delle proposte e la loro fattibilità. Ben venga allora il dialogo, si lascino indietro le rispettive chiusure e si lavori per il bene comune con lealtà e trasparenza.
D.: Su quali contenuti questo dialogo PD-M5S dovrebbe prendere il via e svilupparsi?
R.: Un confronto serrato e rigoroso può prendere il via se si parte dalle questioni sociali. M5S e PD hanno potenzialmente una maggiore convergenza su questi temi. Sicuramente ormai i cittadini italiani si aspettano un dialogo intorno alla proposta del reddito di cittadinanza. Sappiamo bene che questa proposta ha una radice social-democratica ed è maturata nelle culture progressiste nei vari Paesi del Nord-Europa a partire dal dopoguerra. Naturalmente in quel contesto il reddito di cittadinanza avrebbe dovuto coprire una fascia ristretta di popolazione in quanto vigevano altissimi livelli occupazionali.
Man mano che questa misura si è realizzata in questi Paesi si è proceduto a rigorose restrizioni per evitare un interesse a star lontani dal lavoro e una sorta di deriva assistenzialista che faceva lievitare la spesa pubblica. Il PD di recente ha messo su il reddito di inserimento che tiene in conto l’esperienza dei Paesi in cui si è realizzata collegando il sostegno economico ad un percorso di inserimento lavorativo e di sostegno alle famiglie che mantengono, ad esempio, l’impegno di far studiare i propri figli. Ma la misura del PD si è limitata a un numero ristretto di cittadini rispetto ai milioni di poveri censiti dall’ISTAT. Le due proposte pertanto non sono così lontane come sembrano a primo acchito. Lavorandoci su si possono accorciare le distanze e trovare una sintesi fattibile e condivisa. Stesso ragionamento vale a proposito della scuola. Sia per il PD che il M5S la scuola può diventare un banco di prova per cambiare il volto del nostro Paese in modo che il nostro sistema formativo pubblico possa diventare la prima e strategica risorsa, capace di generare un processo di cambiamento culturale, sociale ed anche economico.
Il sapere, il saper critico, il saper essere, il saper fare e il saper far fare hanno nella nostra scuola tutte le potenzialità per esprimersi al meglio attraverso, naturalmente, investimenti cospicui e percorsi di riforma non calati dall’alto ma condivisi e maturati nell’esperienza quotidiana.
D.: Che ne pensa della Buona Scuola?
R.: Si è rivelata un errore imperdonabile, la prima e profonda rottura tra il PD a guida Renzi e il mondo della scuola con inevitabili riflessi in tutta la società italiana. Il primo errore è stato di metodo. È stata una riforma ‘per la scuola’ e non ‘con la scuola’. Il secondo errore è stato l’essere una riforma che voleva modificare l’assetto di potere interno puntando sui dirigenti piuttosto che sull’intera comunità scolastica in termini di maggiore partecipazione e responsabilità condivise. Il terzo errore è stato che non si è saputo gestire con intelligenza ed equità il passaggio a tempo indeterminato di migliaia e migliaia di docenti, costretti a trasferirsi dal sud nelle città del centro-nord, causando un disagio senza precedenti sul piano familiare, sociale ed economico a chi tutto ad un tratto si è trovato di fatto costretto a trasferirsi lontano da casa.
D.: Come si concilierebbe l’intesa fra chi vuole ridurre in cenere la Buona Scuola e chi invece l’ha prodotta?
R.: L’intesa dovrebbe partire dalla convergenza su tre obiettivi: 1) introdurre finalmente in tutto il Paese, a cominciare dal Sud, il ‘tempo pieno’ nelle scuole pubbliche di ogni ordine e grado. Solo così l’offerta formativa si alzerebbe di qualità e metterebbe gli studenti, soprattutto del mezzogiorno, nelle condizioni di avere le stesse opportunità formative delle ragazze e dei ragazzi del Nord-Italia e d’Europa. Con questa misura di grande valore educativo e culturale avremmo notevoli benefici occupazionali tali da ridurre all’osso molti trasferimenti,cosiddetti forzati, dei docenti meridionali; 2) il secondo punto di convergenza potrebbe essere quello del riconoscimento nella scuola e nell’università dei livelli di reddito che ritroviamo nei Paesi europei più avanzati. Anche questa misura darebbe finalmente una risposta attesa da decenni; 3) puntare decisamente su un piano di riqualificazione edilizia, con investimenti nelle nuove tecnologie, delle scuole italiane in grado non solo di garantire alti livelli di sicurezza ma di trasformare le nostre scuole in luoghi belli, accoglienti e funzionali a ricevere gli alti livelli di trasmissione dei saperi e delle abilità con la migliore tecnologia che oggi il mondo ci offre. Già il PD ha investito in tale direzione, si tratta adesso di organizzare un piano che faccia fare in pochi anni il salto di qualità all’intero sistema scolastico italiano.
D.: Il governo che Lei auspica, ovvero sostenuto dall’esterno dal Pd, sarebbe a breve termine o di lunga durata?
R.: La durata è in funzione della stabilità del governo di un Paese. La stabilità è sempre più considerata dai cittadini e dal resto del mondo un grande risultato che aiuta a far crescere la cultura della progettualità e della programmazione, gli stessi investimenti esteri, per cui anche in questa legislatura mi auguro che possa nascere un governo che faccia della stabilità un proprio punto di forza. Naturalmente nel rapporto PD / M5S bisogna avere un approccio più pragmatico. Il tempo di questo governo lo legherei quindi ai risultati che man mano si condividono, si realizzano e si verificano in tutta la loro efficacia. Una sorta di percorso a tappe ben delineato e concretamente gestito da una leale collaborazione.
D.: La Sua è una posizione di minoranza all’interno del Pd, crede che possa aumentare il consenso su di essa?
R.: Si, in effetti all’inizio si era in pochissimi a pensarla così. Man mano che ci si è allontanati dal fuoco delle polemiche della campagna elettorale e dell’immediato ‘dopo voto’, si comprende che si tratta di una proposta tutto sommato ragionevole e praticabile. Usare lo stesso metodo che usó il M5S con Bersani può essere comprensibile come risposta emotiva ma non può essere per il PD di buona e sana politica a servizio del Paese. Non passa giorno che il consenso sulla necessità per il PD di abbandonare l’Aventino e per il M5S di uscire dalla torre d’avorio si allarga sia nella società che nella politica e nelle istituzioni. Bisogna insistere e lavorarci su per abbattere pregiudizi e barriere sia dentro il Pd che nel M5S senza contare che anche nella società civile occorre che cresca una spinta popolare verso tale direzione, a cominciare ad esempio dal mondo del lavoro e in particolare della scuola.
D.: Qualcuno prefigura scenari di un esecutivo che poggia su una maggioranza formata da M5S e Lega, che ne pensa?
R.: È uno scenario possibile ma sbagliato e rovinoso per il Paese. Prevarrebbe nel M5S la componente più regressiva e anti-europea, un binomio politico e di governo non solo da non auspicare, non solo da criticare ma anche da scoraggiare. All’interno del PD è ancora prevalente l’idea che un governo M5S/Lega farebbe svelare agli occhi dei cittadini il carattere negativo del risultato elettorale del 4 marzo e perciò getterebbe le basi di una ripresa dello stesso PD, proprio stando fermi all’opposizione. Non è da escludere questo possibile esito ma preferisco un PD che prenda l’iniziativa e si faccia protagonista di un altro percorso che apra al dialogo con il M5S. Ecco perché l’iniziativa del PD diventa indispensabile e di grande valore democratico oltre che di indubbia utilità per quella società italiana che vuole imboccare una strada comunque progressista per uscire dalla profonda crisi in cui l’Italia, e per molti aspetti la stessa Europa, purtroppo tutt’ora versa.