Si è da poco concluso il G20 di Roma, sotto la presidenza italiana, sulle tre P, Pianeta, Persone e Prosperità, ed è già in corso il summit COP26 a Glasgow, che ha riunito le parti per accelerare l’azione verso gli obiettivi dell’Accordo di Parigi e della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici. E di questo si è occupata anche l’Unicef, che ha pubblicato in questi giorni il rapporto Making Climate and Environment Policies for & with Children and Young People, un’analisi che rivela che due terzi dei piani climatici dei paesi non affrontano i bisogni e le priorità dei bambini.
Il 2021 si prevede sarà uno degli anni più caldi mai registrati, secondo la World Metereological Organization, ma nelle tante dichiarazioni di questi giorni da parte dei leader del mondo, che pure hanno parlato e lo stanno facendo in queste ore a Glasgow, dell’impatto della crisi climatica sui bambini, troppo pochi intendono trasformare queste parole in azioni significative che tengono in considerazione effettivamente i bambini.
Il rapporto dell’Unicef parte dai documenti che sono stati presentati dai paesi dell’Accordo di Parigi, si tratta delle Nationally Determined Contributions – (o NDCs) che sono state aggiornate prima della COP26 e delineano le azioni che si impegnano a intraprendere per raggiungere i loro obiettivi. Quello che emerge è che dei 103 piani nazionali, secondo l’Unicef solo 35 di essi – o circa un terzo – siano sensibili ai bambini. Solo 1 su 5 fa riferimento ai diritti dei bambini o alla giustizia e all’equità intergenerazionale in modo significativo. Solo il 12% riferisce che i bambini hanno partecipato allo sviluppo del piano.
Quanto il Fondo delle Nazioni Unite per l’Infanzia (United Nations Children’s Fund) denuncia è che seppure i paesi stanno dicendo le cose giuste sul considerare e includere i bambini, i loro piani sul clima rendono le loro promesse vuote. I bambini e i giovani portano energia, leadership e idee, eppure i leader continuano a non prestare attenzione alle loro richieste. La crisi climatica è una crisi dei diritti dei bambini.
Già ad agosto, l’Unicef aveva pubblicato il rapporto sull’Indice di Rischio Climatico per i Bambini, che aveva rivelato come il 99% dei 2,2 miliardi di bambini del mondo – praticamente tutti – sono esposti ad almeno una minaccia ambientale, tra cui ondate di calore, cicloni, inondazioni, siccità, malattie trasmesse da vettori, inquinamento atmosferico e avvelenamento da piombo.
Le proposte dell’Unicef per i bambini del mondo Sono varie le azioni che l’Unicef propone ai governi per proteggere e difendere i bambini, che sono tra coloro che meno di altri hanno contribuito alle emissioni globali, ma saranno coloro che ne affronteranno i maggiori impatti dai danni della crisi climatica. Si chiede dunque di incrementare gli investimenti sull’adattamento climatico e la resilienza, quella soprattutto dei servizi sociali da cui dipendono questi bambini – acqua, salute e istruzione – per ridurre i rischi che dovranno affrontare. Esorta i paesi sviluppati a superare la loro promessa del 2009 di mobilitare 100 miliardi di dollari all’anno in finanziamenti per il clima, alla luce dell’evidenza che queste somme sono insufficienti per affrontare la portata degli impatti climatici. Chiede ai leader del mondo riuniti a Glasgow per la COP26 di tagliare le emissioni più velocemente e più profondamente, di almeno il 45% (rispetto ai livelli del 2010) entro il 2030 per mantenere il riscaldamento a non più di 1,5 gradi Celsius. E chiede ancora di includere i giovani in tutti i negoziati e le decisioni sul clima, infatti i bambini e i giovani continuano ad essere sottorappresentati nelle politiche e nelle discussioni sul clima, anche se sono i più importanti interlocutori per le soluzioni sostenibili. Questo limita la loro capacità di influenzare le decisioni che sono critiche per il loro futuro e non li aiuta a guidare il mondo che erediteranno.
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