L’ufficio scolastico dell’Emilia Romagna è stato il primo in Europa a raccogliere dati sul fenomeno degli “adolescenti eremiti sociali” attraverso le scuole. Poche le certezze: «Tuttavia occorre tentare. Davanti alla porta chiusa dietro cui una vita si annulla e cerca di scomparire, nessuno è autorizzato a lasciar perdere».
Ma chi sono gli hikikomori? «Ragazzi senza un disagio materiale, anche con buoni risultati scolastici, ma che sostanzialmente hanno paura del vivere sociale. Non sono depressi, non pensano al suicidio… si ritirano da un vivere sociale che non ha per loro alcun significato. Non hanno voglia di far niente perché niente ha significato, non c’è speranza perché tanto tutto finirà male».
L’Ufficio scolastico dell’Emilia Romagna è il primo in Europa ad aver fatto una rilevazione tappeto di quanti siano gli adolescenti “eremiti sociali”, chiedendo a tutte le scuole quanti siano gli alunni che non frequentano, “ritirati” in casa per motivi psicologici.
Si tratta della prima azione di rilevazione delle situazioni di ritiro sociale, e dei suoi prodromi, effettuata in Europa da una amministrazione scolastica su base regionale. All’indagine hanno risposto 687 istituti primari e secondari, di I e di II grado, distribuiti sul territorio dell’Emilia-Romagna. Sono 144 le scuole che hanno dichiarano di avere allievi che rientrano nella casistica oggetto della rilevazione, per complessivamente 346 ragazzi segnalati, di cui 20 alla scuola primaria (3 addirittura a 6 anni), 86 alla secondaria di primo grado e 240 alla secondaria di secondo grado.
Le 346 situazioni segnalate dalle scuole si riferiscono complessivamente a 164 alunni maschi e a 182 femmine, quindi con una prevalenza del sesso femminile, in controtendenza rispetto ai dati di letteratura provenienti dal Giappone; nella scuola secondaria di I grado si registra invece una prevalenza dei maschi (48 su un totale di 86 segnalazioni). La fascia di età a maggior rischio è quella di passaggio tra la scuola secondaria di I e di II grado: tra i 13 e i 16 anni si collocano 203 segnalazioni su 346, poco meno del 59% del totale. Un centinaio i casi in cui le assenze da scuola superano i 100 giorni. Il 67% degli alunni segnalati aveva, precedentemente, un rendimento scolastico da sufficiente a ottimo, mentre 231 allievi avevano un rendimento già insufficiente.
Sono stati rilevati ben 99 casi con uscite estremamente rare, 39 che già non escono mai di casa, 39 che escono solo con i famigliari e 15 che escono solo per curarsi. 63 i casi in cui nessuno viene accolto in casa, 68 quelli che in casa rimangono chiusi nella propria stanza e 20 che non vi fanno entrare nessuno, 46 quelli che usano compulsivamente il computer.
Totale – si legge nel report – è «il disorientamento delle famiglie e del mondo adulto in generale, di fronte al fenomeno inusitato di ragazzi che non possono fare altro che vivere rinchiusi»: in 104 casi dalle famiglie non è giunta alla scuola «nessuna richiesta». Dirigenti e insegnanti e insegnanti parlato della “la crisi dei ragazzi d’oro”: ragazzi con buoni (a volte ottimi) risultati scolastici, ruoli sociali apparentemente efficaci e gratificanti, famiglie attente e premurose; ragazzi che, di fronte ad un problema apparentemente anche banale, all’improvviso si spezzano, vanno in frantumi e non trovano modo di ricostruirsi. In 145 situazioni le scuole hanno predisposto un Piano Didattico Personalizzato.
Tuttavia, benche a parere di molti a nulla siano serviti gli interventi di neuropsichiatra, assistenti sociali e scuola per cercare di riavvicinare l’alunno alla scuola”, qualche fortunata volta, però, l’aiuto sembra essere accolto e aprire la via ad una sia pur tenue speranza.
Il 6 marzo a Bologna parte il ciclo di incontri “Le sfide dell’adolescenza: il fenomeno degli Hikikomori”, organizzato dall’istituzione “G.F. Minguzzi” della Città Metropolitana di Bologna con il patrocinio dell’Ufficio Scolastico Regionale.
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