La parlamentare Silvia Chimienti, intervenendo qualche giorno fa alla Commissione lavoro, ha sintetizzato icasticamente la questione, con parole incisive: “L’intero comparto scuola è stato fortemente penalizzato nel corso degli ultimi 5 anni: basti pensare ai circa 8,5 miliardi di euro do tagli effettuati dal 2008 al 2011 da Tremonti e Gelmini che hanno falcidiato circa 150mila posti di lavoro. Oltre a questo, il contratto collettivo nazionale dei docenti è bloccato dal 2007, così come sono bloccati gli automatismi stipendiali”.
Argomento principe è stato lo stipendio dei docenti, per il quale notevoli differenze tra docenti di ruolo e precari: “A inizio carriera la retribuzione lorda di un insegnante della scuola secondaria di primo grado in Italia è di 24.141 euro (circa 1.300 euro netti al mese, se si lavora a tempo pieno). La media europea è di 26.852. Il divario cresce a fine carriera: 45.280 euro nella media Ue contro 36.157 in Italia, il 25% in meno che arriva al 30% nella secondaria di secondo grado. Questo per quanto riguarda i docenti di ruolo.
La situazione si aggrava moltissimo per i docenti precari.
Il docente precario, oltre che essere oggetto di una perenne instabilità lavorativa e psicologica, subisce anche ingenti penalizzazioni economiche. È stato ad esempio sistematicamente estromesso da qualsiasi ragionamento sulla valenza giuridica delle annualità di servizio e dunque su qualunque discorso inerente le progressioni di carriera e all’anzianità. Dal punto di vista sostanziale questo è inconcepibile dal momento che i docenti con contratti a termine illegittimamente rinnovati ogni anno, svolgono in realtà le stesse identiche mansioni dei colleghi di ruolo, semplicemente in condizioni psicologiche, economiche e logistiche totalmente sfavorevoli”.
Immediato il richiamo alla normativa europea: “Ma c’è anche un punto di vista formale: la Direttiva CE 1999/1970 prevede espressamente che “i lavoratori a tempo determinato non possono essere trattati in modo meno favorevole dei lavoratori a tempo indeterminato […] a meno che non sussistano ragioni oggettive”. È dunque profondamente discriminatorio che le progressioni di carriera vengano consentite solo al personale di ruolo e non ai docenti a tempo determinato, come hanno ribadito da numerose sentenze della Corte di Giustizia dell’Unione Europea e il tribunale di Venezia nel 2012 (il quale ha riconosciuto ai ricorrenti docenti precari l’anzianità maturata nei periodi di lavoro a termine, condannando di conseguenza il Miur a pagare le differenze retributive)”.
I docenti precari sono dunque una categoria sfortunata: “Purtroppo non c’è solo l’aspetto delle progressioni di carriera: oggi il docente precario è un dipendente pubblico che, nella migliore delle ipotesi ogni anno viene assunto il 1 di settembre e licenziato il 30 di giugno per poi riprendere a lavorare in un luogo e in un contesto differente rispetto a quello dell’anno prima. Ciò significa che le ferie spettanti ai colleghi di ruolo non gli vengono corrisposte. Un bel risparmio per lo Stato, ma una perdita ingente per il docente.”
Una categoria contro cui si sono moltiplicate le batoste dei precedenti governi: “Nel 2012 il Governo Monti ha ben pensato di intervenire con una serie di norme che hanno assestato il colpo di grazia al personale precario della scuola. Stiamo parlando dei già citati commi 54-55 e 56 della legge 135/2012, la cosiddetta “spending review”. Queste norme sono a nostro avviso illegittime perché, calpestando il contenuto del contratto collettivo nazionale dei docenti, siglato nel 2007 e che prevedeva in tema di ferie un regime differente per il personale di ruolo e per il personale precario, di fatto impediscono ai docenti a tempo determinato la possibilità di monetizzare le proprie ferie non fruite.”
Il M5S chiede, dunque, l’abrogazione dei tre commi che penalizzano il personale precario: “Il combinato disposto dei tre commi di cui chiediamo l’abrogazione ha infatti reso monetizzabile solo la differenza tra numero di giorni di ferie spettanti al docente e giorni di sospensione dell’attività didattica. Nel caso tipico di un contratto a tempo determinato che decorra dal 1 settembre al 30 giugno, i giorni di ferie spettanti sono circa 36, ma ai fini della monetizzazione la normativa attualmente in vigore impone di sottrarre a questi i giorni di sospensione dell’attività didattica (Natale, Pasqua, ponti vari).
Secondo il disposto del comma 54 in questi giorni il docente viene messo in ferie “d’ufficio” cioè coattivamente: ecco che, svolgendo la semplice sottrazione, si scende a un numero di giorni di ferie non fruite e dunque monetizzabili risibile o pari a zero, causando la perdita di oltre mille euro l’anno per ogni docente con contratto a tempo determinato in vigore dal 1 settembre al 30 giugno.
Questa somma, una sorta di “tesoretto” che fino a prima del 2012 i docenti precari potevano accantonare, un risarcimento economico per il futuro periodo di disoccupazione al momento del licenziamento, era fondamentale”
E’ evidente che le ferie del docente precario diventano forzose: “Ricordo che Natale, Pasqua e ponti vari sono giorni in cui la scuola è chiusa e in cui il docente non può neppure scegliere di recarsi a lavoro, come invece farebbe se svolgesse un altro mestiere e avesse necessità di guadagnare quei 1000 euro in più. Tutto ciò è profondamente iniquo e discriminatorio e non fa che aggravare delle condizioni economiche, lavorative e psicologiche già disastrose”.
Conclude poi la Chimienti: “Il mio intento è quello di portare alla luce queste problematiche e sensibilizzare tutti i membri di questa commissione sulla situazione che stanno vivendo circa 130mila docenti, circa 130mila persone che hanno anche 40-50 anni, che hanno una famiglia da mantenere e per i quali una perdita di 1200€ l’anno risulta essere davvero sensibile (infatti ci tengo a dire che questa pdl è nata a seguito delle centinaia di segnalazioni e sollecitazioni che abbiamo ricevuto, si tratta di un tema veramente molto sentito nell’ambiente scolastico e siamo anche sorpresi che nessuno ne abbia mai parlato all’interno delle istituzioni).
Vi chiedo quindi in che modo possiamo procedere quantomeno per avere dati certi sulla platea interessata da questa proposta, su quanti risparmi si sono avuti dal 2012 ad oggi e sull’ammontare complessivo del costo per il ripristino della situazione precedente.”
Entro 30 giorni il MEF fornirà una dettagliata relazione tecnica su oneri e platea. Una bella proposta, una lotta costante a favore del personale precario. Speriamo in una vittoria, ma coll’aria di tagli che si respira…
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