Attualità

Ma c’è veramente una egemonia culturale della sinistra in Italia?

E’ ricorrente, e in questi giorni è più acceso, il tema su “cultura di sinistra e cultura di destra”, come se l’arte, che è cultura, possa avere etichette di appartenenza politica.

“La cultura di sinistra ha imperato in questo scorcio di secolo”, si dice da parte di esponenti della destra di Governo, “è bene che vi si ponga rimedio e si dia spazio alla cultura di destra”. 

Con tutta la buona volontà, e “sine ira et studio”, non riusciamo a capirne il significato. Comprenderemmo meglio se si dicesse: l’ideologia di sinistra ha imperato, diamo spazio alla ideologia di destra e dunque a una delle due visioni del mondo secondo quanto scrisse circa trent’anni fa Norberto Bobbio nel suo “Destra e sinistra”, che alla fine chiosa: “Guardando le cose con un certo distacco, non mi domando chi ha ragione e chi ha torto. Anche se non faccio mistero, alla fine, di quale sia la mia parte”.

 Ma la destra è oggi al Governo del paese e dunque ha occupato gli spazi per determinare le scelte “politiche” che la sua “natura ideologica” prescrive. Per cui, se prima era la sinistra a imporre i suoi modelli, oggi è la destra a farlo: inammissibile? No, normale alternanza in democrazia. Secondo Bobbio infatti: coloro che si proclamano di sinistra danno maggiore importanza, nella loro condotta morale e nella loro iniziativa politica, a ciò che rende gli uomini eguali, o ai modi di ridurre le diseguaglianze; mentre coloro che si proclamano di destra sono convinti che le diseguaglianze siano ineliminabili e che non se ne debba neanche auspicare la soppressione.

Si dice ancora: gli autori maggiormente pubblicati sono di sinistra. E allora, dove sta lo scandalo? Una casa editrice che pubblica pensa ai profitti, non già alla tessera politica dell’autore. Umberto Eco è stato dichiaratamente di sinistra, ma è nello stesso tempo uno degli scrittori, artisti, italiani più letti al mondo: siccome parteggiava per l’Ulivo, la Bompiani molla l’affare? Stesso discorso vale per Andrea Camilleri e il suo Montalbano. È questo dunque il significato che si vuole dare alla “cultura”? Costringere gli autori vicini alla sinistra a cambiare bandiera o pubblicare scrittori di destra che non fanno vendere una copia? 

Sinceramente godiamo a rileggere “La pioggia nel pineto” di D’Annunzio (era di destra o di sinistra?), o le raffinate critiche di Sgarbi sulla pittura; ma ciò detto, qualunque possa essere la loro ideologia politica, “di fronte alle immagini” che ci suscita un “artista”, ogni altra riflessione decade. 

Allora il problema è di essere bravi o meno bravi e fin’ora gli autori più venduti sembrano essere tendenzialmente sbilanciati a sinistra. 

Per questo ci viene il sospetto che dietro a questa pretesa di “riscattare” la cultura di destra ci sia il progetto di lasciare la parola solo agli scrittori che fanno comodo agli attuali governanti, di censurare chi non è contiguo al potere. Da qui pure probabilmente anche qualche crociata contro i libri di testo delle scuole, scelti e curati da “personale” di sinistra o le battute del ministro contro il Sessantotto, il sei politico e via discorrendo. 

Qui, sui libri di testo, la linea di demarcazione sembrerebbe sottile, ma anche su questo versante i direttori editoriali, anche se schierati, devono alla fine fare quadrare i conti. In ogni caso è il docente, sentito il parere dei consigli di casse e l’approvazione del collegio di docenti, a scegliere il libro da adottare. 

C’è allora una prevalenza di sinistra all’interno del corpo docente? Può essere. Ma tuttavia è un dato reale che oltre il 40% dei prof delle nostre scuole ha votato, nelle ultime elezioni, la destra nel suo insieme e che ciascun docente, in piena autonomia, ha fatto le scelte che reputa migliori.

Di sicuro l’interesse verso la cosiddetta “cultura popolare” ha interessato gli intellettuali di sinistra, vedi Pasolini, perché hanno preteso di riscattare le classi meno abbienti, le periferie sociali; e qualcosa di simile dice pure Bufalino a proposito della “storia minore, quella non blasonata”. E questo giustificherebbe la prevalenza culturale della sinistra? Ma se così fosse la sinistra, a cominciare da Togliatti, sarebbe stata sempre al potere e invece è stato esattamente al contrario. Ha elaborato, ha teorizzato, ha cercato di capire, ma alla fine la gran parte dei mezzi di informazione sono appartenuti a chi ha potere finanziario per veicolare i propri modelli. 

E la cosiddetta cultura di sinistra allora in cosa consisterebbe? Continuiamo a non capire cosa sia, se non l’espressione artistica e civile di un numero più consistente di intellettuali e artisti i quali magari militano a sinistra e che sono più bravi e più godibili dei pochi altri più vicini alla destra.

Pasquale Almirante

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