Molti nodi della legge 107/2015 di stampo renziano, purtroppo, col tempo stanno venendo al pettine e stanno evidenziando che il giocattolo, tessuto e ricamato, si sta rompendo non trovando il favore di una gran fetta di docenti.
Albi territoriali, mobilità, bonus premiale, chiamata diretta, si tratta di un bel “pastrocchio” inserito tra gli articoli e i commi della legge della Buona Scuola, che non segue alcun criterio logico.
L’obiettivo è stato fin dall’inizio molto chiaro, ossia quello di fare in fretta una legge di riordino del sistema scolastico, tutt’altro che strutturale, per dare una risposta agli obiettivi e standard formativi richiesti dall’Unione Europea.
Si tratta, infatti, di una riforma solo di facciata, avente la finalità di aggiustare il giocattolo per poi, scomporlo ad ogni ingresso di nuovo Ministro, riaggiustarlo e romperlo nuovamente.
É diventato un vero e proprio vezzo e malcostume tipicamente italiano quello di fare in modo il cambio di governo e di ministro debba essere candidamente coronato dal fatto lasciare a tutti i costi ai posteri la riforma scolastica che porta il suo nome.
Pur che vedere alla sostanza e, quindi, alla bontà della legge, le si cambia il vestito mettendole quello nuovo, ma lasciando sostanzialmente che le cose rimangano tali. Sembra il gioco delle tre carte.
Si producono, così, riforme deleterie che non vanno nella direzione di un miglioramento del sistema scolastico italiano ma unicamente nella direzione di far vedere agli altri che anche noi siamo stati bravi a riformare il sistema scolastico agli occhi dell’Europa.
Come? In che modo? Con quali ricadute sulla realtà degli alunni, dei docenti, delle famiglie? Chissà.
Le riforme vanno fatte dal basso perché soltanto la base conosce a fondo i gravi e atavici problemi della scuola.
Non abbiamo bisogno di nomi altisonanti, di super esperti dell’economia e della finanza mondiale per fare un progetto di riforma: loro vedono le cose da un’altra dimensione, quella virtuale oppure basata sui numeri e sulle carte che non corrisponde affatto alla vera realtà, quella che giornalmente vedono tutti gli operatori della scuola. Si intuisce chiaramente che la Buona Scuola è la legge delle lobby, dei poter forti, delle pressioni che si basano su indicatori che tradotti nella realtà sono distanti anni luce.
Non dobbiamo meravigliarci se gli standard delle prove di italiano e matematica degli alunni delle scuole medie e superiori sono bassi.
Bisogna incidere sulle abilità di base sia di lingua che di numeri e calcoli potenziando le ore di italiano, matematica e lingue che rispondono alle quattro abilità di base.
Si ha la contezza che la Buona Scuola ci stia portando verso un analfabetismo di ritorno. E poi dove sono i sindacati che un tempo erano i difensori dei lavoratori della scuola? Cari docenti, occorre svegliarsi e rimboccarsi le maniche cercando di salvare il salvabile, perché altrimenti la formazione e l’istruzione dei nostri figli sarà sempre più scadente e lontano dalle nazioni più progredite.