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Ma è così che si calcola il punteggio di chi partecipa al concorso per DS?

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La vicenda relativa alla valutazione dei titoli nel concorso riservato per dirigenti scolastici (D.M.
107/2023), che in questi giorni è al centro di un intenso dibattito mediatico, mi induce a fare
qualche riflessione e una richiesta al Ministro dell’Istruzione e del Merito, prof. Giuseppe
Valditara.

La valutazione dei titoli, di cui alla Tabella A del D.M. 138/2017, prevista in occasione della procedura ordinaria dello stesso anno, era chiaramente indicata dal comma 1, dell’art. 12 del menzionato D.M. 138/2017: “Per la valutazione della prova scritta, di quella orale e per la valutazione dei titoli, la Commissione del concorso ha a disposizione un punteggio massimo pari rispettivamente a 100, 100 e 30 punti”.

Si tratta, infatti, del punteggio delle due prove d’esame, scritta e orale, espresso in centesimi, con l’aggiunta della valutazione dei titoli, i quali finivano per incidere sul punteggio complessivo per un massimo del 15%, vale a dire 30 punti su 200 (il primo candidato in graduatoria, infatti, ha riportato un punteggio di 224).

Oggi il MIM, salvo ripensamenti dell’ultima ora, ritiene sia legittimo applicare senza alcun adattamento la Tabella A allegata al D.M. del 2017 alla procedura concorsuale riservata del 2023, il cui punteggio è definito in decimi, il che significa che i titoli incidono sul merito in misura pari al 300%. Dal 15% di incidenza del vecchio concorso, i titoli passano, in barba al merito, al 300%.
Ciò appare abnorme e, quindi, profondamente ingiusto, soprattutto se si considera il modo in cui si possono acquisire i titoli nel “market” della formazione online del nostro Paese, senza che nessuno muova un dito per porre un argine a questa vergogna.

Un esempio numerico renderà meglio l’idea:

  • Il candidato A, privo di titoli, risponde correttamente a 100 quesiti su 100 (eccellente nella prova d’esame) e ottiene 10 punti complessivi;
  • Il candidato B, con 30 punti di titoli, risponde a 60 quesiti su 100 (sufficiente nella prova d’esame) però ottiene un punteggio complessivo di 36.

    Il candidato A finisce in coda alla graduatoria finale e il candidato B, appena sufficiente, figura nei primissimi posti.
    Non mi soffermo, volutamente, sull’illogicità e l’irragionevolezza di tale modus operandi: è talmente evidente che ogni altra considerazione risulterebbe superflua; così come non mi soffermo sul palese contrasto con l’art. 8 del D.P.R. 487/94 (Per i titoli non può essere attribuito un punteggio complessivo superiore a 10/30) che ha trovato numerosi riscontri, anche recenti, in diversi pronunciamenti dei TAR e del Consiglio di Stato.
    Desidero però fare una considerazione di carattere generale partendo dal presupposto che gli organi di indirizzo e quelli di gestione – che in questi giorni, con ruoli diversi, sono chiamati ad affrontare la problematica sopra descritta – stiano operando in assoluta buona fede.
    Dinanzi a quello che sta accadendo non è possibile affermare che si stia dando attuazione alla volontà del Parlamento. Non credo, infatti, che il Legislatore, quando ha approvato la norma da cui tutto origina (articolo 5, commi da 11-quinquies a 11-novies, della legge 14/2023), avesse in mente di determinare degli esiti concorsuali palesemente iniqui e ingiusti, che rischiano di infliggere un colpo mortale al merito. Nella norma “madre”, infatti, non si fa alcun accenno alla tabella di valutazione dei titoli di cui al D.M. 138/2017, ma si prevede semplicemente una valutazione in decimi delle prove concorsuali. Tale problematica andava affrontata con norma secondaria, che avrebbe dovuto disporre un adattamento della Tabella A del 2017 stabilendo un limite del 15% all’incidenza del punteggio originato dai titoli rispetto a quello derivante dalle prove d’esame, così com’era previsto nella procedura del 2017.

Sono convinto che si sia trattato di un disguido, un errore, sicuramente non voluto, ma che c’è, esiste e a cui va posto rimedio.
Per tali ragioni chiedo al Ministro dell’Istruzione e del Merito, prof. Giuseppe Valditara, di utilizzare tutti gli strumenti a sua disposizione per impedire, anche posticipando l’immissione in ruolo dei nuovi dirigenti, che tutto questo diventi realtà. Questa storia, se non affrontata in modo tempestivo e incisivo, oltre ad alimentare un nuovo contenzioso, rischia di superare, in termini di clamore, le polemiche generate dalla vecchia procedura a cui – coraggiosamente e con alto senso del dovere – Parlamento e Governo intendevano porre rimedio.

Giuseppe Iaconis