In questi giorni si è tanto parlato di valutazione scolastica e di “pagelle” da assegnare agli istituti. In pochi si sono soffermati sul dubbio di fondo: ma le scuole sono in grado di valutarsi? I dirigenti scolastici possono avvalersi di uno staff in grado di redigere un rapporto di autovalutazione, tra l’altro in tempi rapidi così come indicato dal ministero dell’Istruzione? In molti casi sembrerebbe di no, anche dalle sperimentazioni sono giunte indicazioni non proprio confortanti.
Ne abbiamo parlato con Lucrezia Stellacci, ex Capo Dipartimento del Miur, poi direttore Invalsi fino allo scorso 31 maggio ed oggi consigliere del sottosegretario sen. Angela D’Onghia presso il ministero dell’Istruzione.
Dottoressa Stellacci, sulla valutazione delle scuole a che punto siamo?
C’è ancora molto da fare. Le scuole dovranno individuare i referenti d’istituto, che dovrebbero frequentare corsi di formazione programmati dal ministero dell’Istruzione. Ma i dirigenti scolastici dovranno anche preoccuparsi di costituire un gruppo di lavoro, incaricato di compiere un’autoanalisi dei punti di forza e di criticità risultanti oltre che dalle informazioni già conosciute dalla scuola anche da quelle che perverranno alla scuola attraverso una piattaforma operativa predisposta dai Servizi informativi del Miur. I risultati di tale autoanalisi guidata da indicatori e griglie predisposti dall’Invalsi, confluiranno in un rapporto di autovalutazione che dovrà contenere anche la proposta dei primi interventi di miglioramento.
Le sperimentazioni realizzate sino ad oggi che cosa ci hanno detto?
Che le scuole da sole non sempre sono in grado di assolvere questo compito molto complesso; la percentuale di istituti in grado di autovalutarsi in modo soddisfacente purtroppo non è stata alta. Per sostenere le scuole in questa nuova sfida, occorre un sistema che funzioni, con poderosi finanziamenti ed un corpo ispettivo quantitativamente adeguato e preparato.
Ma oggi l’Invalsi è in grado di condurre questo compito?
Si sta attrezzando. Certo, lo stato di precarizzazione di tanti dipendenti dell’Istituto non aiuta.
La valutazione delle scuole dovrebbe passare anche per il Miur, tanto è vero che nelle linee guida di riforma del Governo si vorrebbe verificare ogni anno l’operato del 10 per cento di istituti?
Anche in questo caso, c’è ancora molto da fare. Al momento al Ministero sono operativi solo poche decine di ispettori: i 57 assunti, su 200 posti messi a bando in occasione dell’ultimo concorso, non hanno cambiato di molto la situazione. Poi, non dimentichiamoci che la valutazione esterna delle scuole che segue la fase di autovalutazione è per dettato normativo affidata a nuclei di valutazione costituiti da dirigenti tecnici con funzioni di coordinamento e da almeno due esperti che potrebbero essere anche docenti specializzati nella materia. Inoltre, nella fase del miglioramento si prevede il coinvolgimento dell’Indire e di altri ‘attori’, come le università ed associazioni di settore. Come vede, il contesto è decisamente complesso e va saggiamente coordinato.
A proposito di docenti, che ne pensa del percorso formativo e di reclutamento del futuro su cui sta lavorando il Governo, con un biennio magistrale successivo ai tre anni universitari iniziali?
In realtà è stato ripreso quasi integralmente il modello indicato nel Decreto ministeriale 249 del 2010. L’unica differenza è l’accorpamento del tirocinio nell’ultimo anno del biennio di specializzazione: una decisione peraltro condivisibile, per rendere più rapido e compatto il percorso di formazione iniziale di un insegnante.
Si tratta, in fondo, di un modello simile a quello adottato per la formazione dei docenti di Scienze della formazione primaria?
Sì, ma con una modifica sulla data dello sbarramento. Per i futuri maestri, la selezione si attua all’inizio del percorso universitario. Per gli altri docenti, invece, si sta lavorando alla selezione intermedia, da realizzare tra i candidati che vogliano accedere ai corsi di laurea magistrale nelle diverse discipline di insegnamento. Rimane sempre da capire che fine faranno quei giovani ammessi al biennio specializzante ma che non riusciranno a superarlo o che dopo averlo concluso si accorgano di non avere più la vocazione dell’insegnante: con l’ex ministro Profumo abbiamo cercato soluzioni che non penalizzassero gli studenti, ma non abbiamo avuto il tempo di modificare il decreto 249.
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