Se la notte porta consiglio, è pure nelle notte che vagano le figure più inquietanti e sinistre delle nostre paure più ancestrali; e infatti è accaduto che proprio nel cuore della notte, il Consiglio dei ministri cambi parere sul rientro scuola, fissato per il 7 gennaio senza se e senza ma, da parte della ministra e del suo staff di esperti, e ne trovi un altro, di tre giorni più lontano: l’11 gennaio.
Meglio di niente, si potrà dire, ma non è niente, in effetti, per salvaguardare realmente alunni e personale da eventuali contagi da covid. Ma così è.
Pare che a far slittare la data sia intervenuta la mediazione del premier Conte che così avrebbe appianato, nella notte di possibili lunghi coltelli, le contraddizioni fra chi voleva resistere e resistere sul 7 e chi avrebbe voluto uno slittamento ulteriore in attesa di vedere l’andamento della pandemia, in sintonia coi sindacati, con pezzi della maggioranza, ma anche con tutta l’opposizione che nel governatore del Veneto, Luca Zaia, ha trovato il suo condottiero.
Rientreranno dunque in classe il 50 per cento degli alunni il giorno 11 gennaio, mentre si attende il monitoraggio di venerdì 8 per avere un quadro più chiaro e mentre ancora parte una richiesta al Veneto, al Friuli Venezia Giulia, e alle Marche di ritirare l’ordinanza con cui si stabilisce il rientro a scuola solo al 1° febbraio.
Per uniformare un’unica data l’apertura della scuola superiore su tutto il territorio, è stato sottolineato, e anche per uniformare all’11 gennaio le attese aperture delle piste da sci, così care ai governatori del Nord e alle loro imprese. Perché anche questo è un nodo: se chiudi le scuole fino al 31 gennaio devi chiudere pure le piste da sci, altrimenti che figura ci fai?
Per questo pensiamo che tutta la vicenda “non sia una cosa seria”, come recita la recita nella commedia di Pirandello. Se non si scherza con la salute non si scherza con le famiglie, gli alunni e il personale della scuola. Né scelte così delicate si possono fare sulla base dei rapporti di forza o per fare dispetti all’opposizione e viceversa.
Secondo quanto riporta Repubblica, lo “scontro è stato molto acceso con il Pd sul fronte del rinvio e Italia Viva e M5S su posizioni opposte. Il capo della delegazione dem, Dario Franceschini, inizialmente ha proposto di prorogare la didattica a distanza per le superiori almeno fino al 15 gennaio. Le ministre di Italia Viva hanno giudicato il rinvio il segno di un “caos inaccettabile”. Quello che manca per l’ennesima volta, avrebbero detto Bellanova e Bonetti, è “un’azione di governo del processo organizzativo e di concertazione con le regioni. Non si doveva arrivare a questo punto quando lo abbiamo detto da mesi che le scuole avrebbero riaperto a gennaio”. Anche il M5S era entrato in Cdm con una posizione diversa da quella del Pd: quella di confermare l’apertura il 7 gennaio”.
E se così stanno le cose, ci chiediamo: chi comanda in questa casa? La ponderata scelta per il bene comune, al fine di contenere razionalmente e con serietà la diffusione del virus, o la scriteriata voglia di comando a prescindere e al di là di ogni ragionevole dubbio che il Covid non prenda anche lui lezione fra i banchi delle scuole?
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