Ma quale fiducia?

CobasCobas
Per l’Istat la fiducia dei consumatori a gennaio risale, con l’indice che si porta a 98,0 da 96,4 di dicembre. Sono anni che si cerca di “imbrogliare” i consumatori, dicendogli che “torna la fiducia”. Ciascuno di noi è un consumatore ed è sempre più arrabbiato. Se ci guardiamo attorno, vediamo altri consumatori come noi, altrettanto arrabbiati. Però ci vorrebbero far credere che esistono dei fantomatici consumatori fiduciosi (dove?) e che, quindi, dovremmo spendere di più anche noi, così l’economia “gira” e arriva la ripresa. Chiarisco che non ce l’ho con l’Istat che non fa altro che pubblicare dei dati reali, ma con chi decide di pubblicare tra migliaia di dati, solo quelli che corrispondono a una certa tesi. Tutti sappiamo che a gennaio ci sono i saldi e spendiamo di più, quindi appariamo più fiduciosi, ma se pubblicassimo altri dati come, ad esempio, il reddito medio di gennaio 2014, rispetto a quello di gennaio 2013, o i dati sulla disoccupazione, emergerebbe un chiarissimo “indice di sfiducia” in ribasso.
Io credo che la nonna di un mio amico avesse ragione quando raccomandava al nipote: “Stringididdu su dinai!” (“Tieniti stretti i soldi!”). Viviamo in un periodo di grande incertezza, non vediamo politici illuminati in grado di trovare soluzioni, non sono riusciti a togliere un centesimo ai loro stipendi, non riescono a creare occupazione per i giovani, mantengono a lavoro i vecchi fino a 67 anni (e oltre) e non fanno nulla contro le super-pensioni. Perché dovremmo avere fiducia e spendere i nostri risparmi (chi li ha) in attesa della ripresa? Se continua così, gli ultimi soldini li spenderemo per “scappare” all’estero, altro che ripresa!
Nel 2009 lessi un libro di Roberto Vacca, Patatrac! Crisi: perché? Fino a quando? Nel libro si effettuava un’analisi approfondita della crisi economica che, ricordiamolo, nasce dalle grandi speculazioni finanziarie, non dal fatto che noi non spendiamo abbastanza. L’economia non è una scienza esatta, infatti, anche i più grandi economisti sono bravissimi a spiegare cosa è successo, dopo che è successo, ma non sono in grado di fare previsioni. Per citare l’autore, anche “I premi Nobel per l’economia criticano duramente gli altri Nobel e mettono in ridicolo le loro teorie. Queste critiche vicendevoli sono spesso convincenti: anche i più colti e famosi brancolano nel buio”.
Del libro di Vacca mi colpì, in particolare, una formula matematica che permetteva di calcolare la durata probabile di un fenomeno iniziato in un certo tempo passato. Applicandola alla crisi economica, risultò che sarebbe durata molti anni con alta probabilità. In quel periodo si pensava che la crisi fosse passeggera e che sarebbe passata in pochi mesi, ma io, prudenzialmente, avvisai i miei alunni di quinta di stringere e denti e studiare, perché la crisi poteva durare anche 10 anni (e 5 sono già passati!).
Qui mancano i presupposti per uno sviluppo nel lungo periodo: non si investe in cultura, istruzione e innovazione; non si incentivano i giovani ad avere dei figli (senza lavoro, senza mutui, senza cospicui assegni familiari, come si fa?); si mantengono gli incredibili e incomprensibili privilegi delle caste; ecc… Insomma, dove vogliamo andare? Che speranza possiamo avere di competere con altri Paesi più lungimiranti del nostro?
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