Il conto è semplice, Scelta civica, seppure alle scorse elezioni europee abbia avuto una sonora sconfitta, ancora può contare in Parlamento su un pacchetto di voti notevole, quello ciò che fa capo, sia a Scelta Civica, di cui la nostra ministra è coordinatrice, e sia pure, anche se con qualche probabile inghippo, sul gruppo parlamentare Per l’Italia, la costola che si è scissa da Sc, a seguito delle dimissioni del fondatore del partito, Mario Monti. In pratica, e a conti fatti alla presenza dell’oste, Stefania Giannini potrebbe avvalersi di 27 voti del suo partito e di 18 degli ex colleghi alla Camera e di, rispettivamente, 7 e 10 al Senato. Che è un bel gruzzoletto per dare la fiducia alla nuova compagnie di governo nella eventualità di un rimpasto, dentro il quale potrebbe essere coinvolta anche la ministra Stefania Giannini, a seguito della nomina di Mgherini a ministro Ue per gli esteri.
In altri termini, il presidente Renzi deve farsi bene i suoi conti prima di rimpastare, rottamando Giannini per chiamare un ministro più vicino a lui e con ogni probabilità del suo stesso partito. Conti ben fatti per rintuzzare eventuali contromisure e più pericolose fughe.
Da qui la domanda delle cento pistole: si lascerà, l’attuale ministra dell’istruzione, mettere all’angolo senza sparare le sue cartucce? Non cercherà, sfruttando magari il suo peso di coordinatrice del morente partito di Scelta civica, di far valere le sue ultime ma determinati forze rimaste? D’altra parte, se si esclude anche Giannini dal governo, togliendole un ministero di prestigio, tutto il gruppo parlamentare che fa capo a Scelta civica perderebbe una notevole visibilità, ma perderebbe pure un punto di riferimento e perfino una giustificazione politica a mantenere simbolo e nome, per cui avrebbe a quel punto due sole possibilità: o trasmigrare verso altri partiti, ma sciogliendosi così del tutto, oppure raccogliere le ultime forze rimaste e con orgoglio affermare il suo ruolo politico, ridisegnandosi magari un altro futuro, prossimo alla sua vocazione centrista.
Ecco il punto: orgoglio o pregiudizio? Resistere, sfidando l’avversa sorte, o con giudizio apriori abbandonare il campo, evaporando tra le brumose plaghe della politica?