Quel che tuttavia appare evidente, dice la ricercatrice, è il “sostanziale disinteresse o ignoranza nel rapporto donne e scienza e non è solo in Italia, anche nel resto d’Europa ricerche di questo tipo non ne vengono fatte o non se ne ha conoscenza”. Ma il dato più interessante è però legato al fatto che le ragazze trasformarono “il personale sentimento di inadeguatezza rispetto alle materie scientifiche in una critica alla scienza, così come veniva proposta, e al suo insegnamento. Critiche anche articolate, che vennero poi raccolte, insieme alle nostre interpretazioni in un volume, edito dalla casa editrice Tartaruga, dal titolo «Immagini di cristallo. Desideri femminili e immaginario scientifico», a cura mia e di Luisella Erlicher.”
“In Italia”, scrive Mapelli, “le donne iscritte alla facoltà di matematica, e prendo questo percorso di studi come esempio, sono molto più numerose degli uomini, poi sappiamo che le loro carriere si sviluppano soprattutto nell’insegnamento e non nella ricerca, ma questa forte presenza di insegnanti donne nelle scuole in matematica e scienza non dovrebbe quasi automaticamente contribuire a una soluzione del problema di criticità femminile rispetto alle carriere scientifiche? Evidentemente no, per molti motivi: la nostra scuola purtroppo, e ingiustamente, è molto denigrata, il giudizio sociale è assai severo sull’insegnamento che viene proposto nelle nostre aule e non consente quindi che le pur brave insegnanti possano esprimersi e farsi ascoltare con sufficiente autorevolezza”.
Da qui un altro problema da analizzare: “l’autorevolezza viene negata perché l’insegnamento è soprattutto in mano di donne, anche nelle materie scientifiche?
E questa mancanza di valore data alla scuola può essere una causa anche degli abbandoni maschili così numerosi rispetto a quelli femminili?”
Le donne sono più numerose degli uomini nelle facoltà di matematica eppure paiono assenti o poco presenti nelle competizioni ufficiali, che premiano le eccellenze in questa materia. Ci ricorda Rosa Maria Spitaleri su Treccani.it come le studentesse partecipino poco alle Olimpiadi di matematica e raramente si classifichino tra i primi dieci, così le valutazioni del progetto PISA-Ocse continuano a registrare vantaggi maschili rispetto agli esiti femminili, secondo i risultati delle indagini sia del 2006 che del 2012. Questi esiti sembrerebbero avvalorare allora un luogo comune assai diffuso, che giudica le studentesse più brave dei loro compagni a scuola perché più diligenti, ma che assegna ancora ai maschi l’eccellenza, la creatività, la capacità di emergere con risultati eccezionali nelle materie scientifiche”.
Se però si guardano i parametri con cui la tipologia dei test PISA-Ocse vengono realizzati, si scopre che essi non sono neutri, “in realtà sono costruiti su un profilo maschile, per quanto riguarda le valutazioni, il linguaggio usato, le scelte iconografiche e gli esempi; inoltre le stesse commissioni giudicanti si sono mostrate esse stesse imbevute di pregiudizi di genere, tanto che in taluni casi si è giunti alla scelta di celare nell’anonimato l‘identità sessuale dei/delle partecipanti. Altro punto di attenzione centrale, ma mai preso in considerazione seria”.
Che fare concretamente? “Mi verrebbe da dire”, continua la ricercatrice, “innanzitutto che occorrerebbe promuovere ricerche ma oggi forse manca anche l’interesse culturale e sociale in un Paese che non riesce a valutare ancora la perdita economica che lo spreco di intelligenze femminili comporta, ma in cui anzi è più che diffusa l’opinione che lo sviluppo del lavoro femminile, soprattutto in settori di prestigio, sottragga posti di lavoro agli uomini. Si potrebbero sviluppare sperimentazioni didattiche, che facciano riferimento ad alcuni progetti, pochi ma interessanti, che si sono svolti nel tempo nelle scuole italiane. Proposte di lettura e discussione su quelle critiche alla scienza sviluppate dalle epistemologhe e scienziate femministe, ad esempio nei confronti dell’ oggettività della scienza e dei risultati scientifici”.
Ma sarebbe pure il caso di realizzare “una storia delle presenze femminili nella storia della scienza, poche ma significative, potrebbe creare dei modelli di riferimento di eccellenza tra le giovani donne, un passaggio utile per mostrare che anche una donna «può» e aiutare così a superare i sentimenti di inadeguatezza. L’illustre matematico Imre Toth afferma come ogni lettura, anche quelle scientifiche del reale e della natura, sia un’interpretazione soggettiva, come è un’interpretazione ogni descrizione letteraria del mondo e degli uomini e donne che lo abitano con le loro vicende di vita, amore e morte. E si spinge fino a proporre un parallelo tra la matematica, nelle sue forme più teoriche, e Madame Bovary, ambedue prodotti di un pensiero soggettivo, di una narrazione interpretativa del reale.
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